Invito a questa bella lettura , è un discorso fatto dal Card.Piacenza ai sacerdoti di Los Angeles :
Dorothy
Thompson, scrittrice americana, decenni addietro, pubblicò in un
articolo per una rivista i risultati di un’accurata indagine sul
famigerato campo di concentramento di Dachau. Una domanda chiave rivolta
ai sopravvissuti era questa: «Chi in mezzo all’inferno di Dachau è
rimasto più a lungo in condizioni di equilibrio? Chi ha mantenuto più a
lungo il proprio senso di identità?». La risposta è stata corale e
sempre la stessa: «i preti cattolici». Sì, i preti cattolici! Essi sono
riusciti a mantenersi nel proprio equilibrio, in mezzo a tanta follia,
perché erano consapevoli della loro Vocazione. Essi avevano la loro
scala gerarchica di valori. La loro dedizione all’ideale era totale.
Essi erano consapevoli della loro missione specifica e delle motivazioni
profonde che la sorreggevano.
In mezzo all’inferno terreno, essi portavano la loro testimonianza: quella di Gesù Cristo!
Viviamo
in modo instabile. Esiste una instabilità nella famiglia, nel mondo del
lavoro, nella varie aggregazioni sociali e professionali, nelle scuole e
nelle istituzioni.
Il prete, però, deve costituzionalmente essere un modello di stabilità e di maturità, di dedizione piena al suo apostolato.
Nel
cammino inquieto della società, si affaccia sovente un interrogativo
alla mente del cristiano: «Chi è il sacerdote nel mondo di oggi? È un
marziano? È un alieno? È un fossile? Chi è?».
La
secolarizzazione, lo gnosticismo, l’ateismo nelle sue varie forme,
stanno riducendo sempre più lo spazio del sacro, stanno succhiando il
sangue ai contenuti del messaggio cristiano.
Gli
uomini delle tecniche e del benessere, la gente caratterizzata dalla
febbre dell’apparire, avvertono un’estrema povertà spirituale. Sono
vittime di una grave angoscia esistenziale e si rivelano incapace di
risolvere i problemi di fondo della vita spirituale, familiare e
sociale.
Se
volessimo interrogare la cultura più diffusa, ci accorgeremmo che essa è
dominata e impregnata dal dubbio sistematico e dal sospetto verso tutto
ciò che riguarda la fede, la ragione, la religione, la legge naturale.
«Dio è una inutile ipotesi – ha scritto Camus – e sono perfettamente sicuro che non mi interessa».
Nella
migliore delle ipotesi, cala un pesante silenzio su Dio; ma si arriva
spesso all’affermazione dell’insanabile conflitto delle due esistenze
destinate ad eliminarsi: o Dio, o l’uomo.
Quando,
poi, dovessimo svolgere lo sguardo sul panorama complessivo dei
comportamenti morali, non potremmo sfuggire alla constatazione della
confusione, del disordine, dell’anarchia che regna in questo campo.
L’uomo si fa il creatore del bene e del male.
Concentra egoisticamente l’attenzione su di sé.
Alla norma morale sostituisce il proprio desiderio e ricerca il proprio interesse.
In
questo contesto, la vita ed il ministero del sacerdote diventa di
importanza decisiva e di urgente attualità. Anzi – lasciatemi dire – che
più è marginalizzato più è importante, più è considerato superato e più
è attuale.
Il
sacerdote deve proclamare al mondo il messaggio eterno di Cristo, nella
sua purezza e radicalità; non deve abbassare il messaggio, ma deve
piuttosto sollevare la gente; deve dare alla società anestetizzata dai
messaggi di taluni registi occulti, deteriori dei poteri che valgono, la
forza liberatrice di Cristo.
Tutti
sentono la necessità di riforme in campo sociale, economico, politico;
tutti auspicano che, nelle lotte sindacali, e nella proclamazione
economica sia riaffermata e osservata la centralità dell’uomo e il
perseguimento di obiettivi di giustizia, di solidarietà, di convergenza
al bene comune.
Tutto
questo rimarrà soltanto un desiderio, se non si cambierà il cuore
dell’uomo, di tanti uomini, che a loro volta rinnovino le strutture.
Vedete,
il vero campo di battaglia della Chiesa è il paesaggio segreto dello
spirito dell’uomo e in esso non si entra senza molto tatto, molta
compunzione, oltre che con la grazia di stato promessa dal Sacramento
dell’Ordine.
È
giusto che il sacerdote si inserisca nella vita, nella vita comune
degli uomini, ma non deve cedere ai conformismi e ai compromessi della
società.
La
sana dottrina, ma anche la documentazione storica ci dimostrano che la
Chiesa è in grado di resistere a tutti gli attacchi, a tutti gli assalti
che possono essere sferrati contro di essa dalle potenze politiche,
economiche e culturali, ma non resiste al pericolo derivante dal
dimenticare questa parola di Gesù: «Voi siete il sale della terra, voi
siete la luce del mondo». Gesù stesso indica la conseguenza di questa
dimenticanza: «Se il sale diventa insipido, come si preserverà il mondo
dalla corruzione?» (cfr. Mt 5,13-14).
A che servirebbe un sacerdote così assimilato al mondo, da diventare prete mimetizzato e non più fermento trasformatore?
Di
fronte ad un mondo anemico di preghiera e di adorazione, il sacerdote
è, in primo luogo, l’uomo della preghiera, dell’adorazione, del Culto,
della celebrazione dei santi Misteri.
Di
fronte ad un mondo sommerso da messaggi consumistici, pansessualistici,
assalito dall’errore, presentato negli aspetti più seducenti, il
sacerdote deve parlare di Dio e delle realtà eterne e, per poterlo fare
credibilmente, deve essere appassionatamente credente, così come deve
essere “pulito”!
Il
prete deve accettare l’impressione di essere in mezzo alla gente, come
uno che parte da una logica e parla una lingua diversa dagli altri («non
conformatevi alla mentalità di questo mondo», Rm 12,12). Egli non è come “gli altri”. Ciò che la gente aspetta da lui è proprio che non sia “come tutti gli altri”.
Di
fronte ad un mondo immerso nella violenza e corroso dall’egoismo, il
prete deve essere l’uomo della carità. Dalle vette purissime dell’Amore
di Dio, del quale fa una particolarissimi esperienza, scende a valle,
dove molti vivono la loro vita di solitudine, di incomucabilità, di
violenza, per annunciare loro misericordia, riconciliazione e speranza.
Il
sacerdote risponde alle esigenze della società, facendosi voce di chi
non ha voce: i piccoli, i poveri, gli anziani, gli oppressi, gli
emarginati.
Non
appartiene a se stesso ma agli altri. Non vive per sé e non cerca ciò
che è suo. Cerca ciò che è di Cristo, ciò che è dei suoi fratelli.
Condivide le gioie e i dolori di tutti, senza distinzioni di età, di
categoria sociale, di estrazione politica, di pratica religiosa.
Egli
è la guida della porzione di Popolo, che gli è affidata. Certamente,
non condottiero di un esercito anonimo, ma pastore di una comunità
formata da persona, che hanno, ciascuna, il loro nome, la loro storia,
il loro destino, il loro segreto.
Il
sacerdote ha il compito difficile, ma esaltante, di guidare queste
persone con la più religiosa attenzione e con il più scrupoloso rispetto
per la loro dignità umana, il loro lavoro, i loro diritti, con la piena
consapevolezza che, alla loro condizione di figli di Dio corrisponde in
essi una vocazione eterna, che si realizza nella piena comunione con
Dio.
Il
sacerdote non esiterà a dare la vita, o in una breve ma intensa
stagione di dedizione generosa e senza limiti, o in una donazione
quotidiana, lunga, nello stillicidio di umili gesti di servizio al suo
popolo, proteso sempre alla difesa e formazione della grandezza umana e
della crescita cristiana di ogni singolo fedele e dell’intero suo
popolo.
Un
prete deve essere contemporaneamente piccolo e grande, nobile di
spirito come un re, semplice e naturale come un contadino. Un eroe nella
conquista di sé, il sovrano dei suoi desideri, un servitore per i
piccoli e i deboli; che non si abbassa davanti ai potenti, ma che si
curva davanti ai poveri e ai piccoli, discepolo del suo Signore e capo
del suo gregge.
Nessun dono più prezioso può essere elargito ad una comunità di un sacerdote secondo il Cuore di Cristo.
La
speranza del mondo consiste nel poter contare, anche per il futuro,
sull’amore di cuori sacerdotali limpidi, forti e misericordiosi, liberi e
miti, generosi e fedeli.
Amici,
se gli ideali sono alti, la strada difficile, il terreno forse anche
minato, le incomprensioni sono molte, ma tutto possiamo in Colui che ci
conforta (cfr. Fil 4,13).
L’eclisse
della Luce di Dio e del Suo Amore non è l’estinguersi della Luce e
dell’Amore di Dio. Già domani ciò che si era frapposto, oscurano la
fede, cacciando il mondo in un buio spaventoso, potrebbe diradarsi, e
dopo la pausa lunga, troppo lunga dell’eclisse, ritornare il sole, pieno
e splendido.
Al
di sopra delle inquietudini e contestazioni che agitano il mondo, e si
fanno sentire anche dentro la Chiesa, sono in azione forze segrete,
nascoste e feconde di santità.
Al
di là dei fiumi di parole e di discorsi, di programmi e di piani, di
iniziative e di organizzazioni, ci sono anime sante che pregano,
soffrono, espiano adorando il Dio-con-noi.
Tra
esse ci sono bambini e adulti, uomini e donne, giovani e anziani, colti
e ignoranti, malati e sani, e ci sono anche tanti sacerdoti, che non
solo sono dispensatori dei Misteri di Cristo, ma nella babele odierna
rimangono segni sicuri di riferimento e di speranza, per quanti cercano
la pienezza, il senso, il fine, la felicità.
Stiamo
uniti, cari amici, nel Cenacolo della Chiesa, attorno a Maria nostra
Madre, con Pietro e gli Apostoli, immersi nella comunione dei santi, per
essere anche noi, davvero, segni sicuri di riferimento e di speranza
per tutti.
È
il mio augurio, che diventa preghiera per voi tutti qui presenti e per
tutti i vostri Confratelli, che non sono qui ora. Vi porterò, d’ora in
poi, sempre con me.