LA DISCIPLINA DELLA CONTINENZA SACERDOTALE NELLA CHIESA LATINA FINO AL VII SECOLO
Anche nella Chiesa d‟Occidente
non mancano le testimonianze a favore del celibato/continenza. Anzi esse sono
abbondanti e antiche, rifacendosi addirittura al secondo secolo con
Tertulliano, Cipriano, ed Ippolito. Cio‟ non e‟ poca cosa, considerando quanto
e‟ stato detto all‟inizio del capitolo dedicato alla Chiesa Orientale, a
riguardo del grande silenzio generale seguito ai tempi apostolici in
riferimento alla continenza sacerdotale. Infatti le testimonianze di
Tertulliano, di Cipriano, di Ippolito e le dispute di quest‟ultimo contro Papa
Callisto indicano l‟esistenza di una tradizione ormai antica che richiede da
una parte ai chierici sposati la continenza al modo degli Apostoli e dall‟altra
l‟osservanza del celibato ai chierici non sposati. Comunque ripetiamo anche per
la Chiesa Latina cio‟ che abbiamo detto per la Chiesa Orientale: e cioe‟ che
queste testimonianze a riguardo del celibato/continenza sacerdotali si
presentano con un crescendo continuo, che parte da testimonianze indirette del
II-III secolo per arrivare ad affermazioni inequivocabili sia dei Papi che dei
Concili e Sinodi della Chiesa Latina fatti attraverso tutti i secoli fino ai
giorni nostri.
1. I PADRI DEL II E III
SECOLO
1. Incominciamo con Tertulliano
(ca. 150/160-ca. 220) che afferma l‟esistenza sia dei sacerdoti celibi sia
di coloro che hanno ricevuto il sacerdozio da vedovi o da sposati. Tuttavia,
secondo lui, il dovere della continenza legava tutti i sacerdoti
indistintamente. Cio‟ risulta in particolare dalla sua opposizione all‟Ordinazione
di coloro che desideravano ricevere il sacerdozio dopo essersi sposati per la
seconda volta. Nel passo riportato qui sotto Tertulliano mette in ridicolo un
risposato che si candida al sacerdozio. Egli dice:
“Se questo intontimento
(della facolta‟ spirituali) distoglie dallo Spirito Santo, anche quando la
natura carnale permette l‟esercizio del primo matrimonio, quanto piu‟ cio‟
accadra‟ nel caso del secondo matrimonio. In questo caso, la vergogna e‟ doppia;
nella misura in cui due mogli tormentano lo stesso marito. Infatti tu non puoi
odiare la prima moglie, per la quale tu conservi un affetto ancora piu‟ grande
di prima, per il fatto che e‟ gia alla presenza del Signore, e per la quale
preghi, e per la quale presenti le oblazioni annuali. Starai dunque davanti al
Signore con tutte le mogli che tu ricordi nella preghiera, offrirai offerte per
tutte e due, pregherai per tutte e due per mezzo del ministero del sacerdote
che deve essere monogamo, o piu‟ ancora vergine, mentre tu sei circondato da
vedove sposate ad un solo marito?”. 63
Anche per lui la ragione e‟ che gli
apostoli, se sposati erano monogamisti e continenti. Egli dice:
63 Cf. Tertulliano, De exhortatione castitatis 11, 2 (CCL
2, 1031, 8-14). 64 Cf. Tertulliano, Sulla Monogamia, 8, 4.
“Trovo che solo Pietro – a
causa del ricordo di sua suocera - era sposato. Sono portato a concludere che
lui si era sposato una sola volta in considerazione della Chiesa, che,
costruita sopra di lui, era destinata a promuovere ad ogni grado della sua
gerarchia uomini che si erano sposati una sola volta. Gli altri, che pure non
trovo che siano sposati, devo per forza pensare che siano stati o eunuchi o
continenti”. 64 30
Da
notare che Tertulliano, nel periodo pre-montanista, non aveva nessuna
difficolta‟ a concedere il secondo matrimonio ai laici; il che significa che la
sua opposizione ai risposati era motivata dalla loro impossibilita‟ di
osservare la continenza, e questa convinzione era a sua volta basata sull‟insegnamento
di Paolo (I Cor. 7-8 sg.), che vedeva nei vedovi risposati delle persone
incapaci di essere continenti. La sua convinzione che un risposato non puo‟
diventare sacerdote, perche‟ chiamato alla continenza, viene confermata, ancora
di piu‟, quando nel periodo montanista proibisce addirittura anche ai laici il
secondo matrimonio. La ragione e‟ che anche i laici sono “sacerdoti‟ per via
del Battesimo, e che da loro vengono scelti i Sacerdoti: quindi anche a loro si
applica il dettato di S. Paolo a Tito e a Timoteo:
“Saremmo senza buonsenso se
pensassimo che cio‟ che non e‟ permesso ai Sacerdoti e‟ invece permesso ai
laici. Non siamo anche noi laici-sacerdoti?.... Cio‟ e‟ cosi‟ vero che se anche
i laici non osservassero le regole che devono guidare la scelta dei Presbiteri,
come potrebbero esserci dei Presbiteri, scelti a tale ufficio tra i laici? Per
cui siamo obbligati ad affermare che il comando di astenerci da un secondo
matrimonio si riferisce innanzitutto ai laici”. 65
65 Cf. Tertulliano, De exhortatione castitatis, 7, 2. 66 Cf. Heid Stefan,
op. cit, pp. 81. 67 Ibidem, pp. 136-137.
68 Ibidem pp. 88-89: “Se neppure gli Apostoli avevano il
diritto di sposarsi, allora neppure per i loro successori si può affermare il
diritto di sposarsi. Tertulliano, come si puo‟ ben immaginare, non e‟ una
grande autorita‟ da citare a riguardo dei chierici sposati. Un fatto e‟ certo:
nel Nord Africa e a Roma i chierici che avevano ricevuto gli Ordini Maggiori
non potevano sposarsi. Cio‟ rappresenta un‟altra conferma che probabilmente
esisteva la disciplina della continenza obbligatoria per i chierici sposati.
Infatti che cosa poteva giustificare una proibizione al matrimonio per i
chierici in questo primo periodo della Chiesa? Qual era il motivo dell‟accettazione
generale di questa disciplina? Una restrizione della possibilita‟
Tertulliano richiedeva l‟espulsione
dallo stato clericale per quei chierici che si erano risposati 66. Dello stesso
parere era Ippolito di Roma.67
2. E‟ significativa la diatriba
di Ippolito (170/75-235) con Papa Callisto che aveva concesso il
sacerdozio a chi si era risposato. In qualche modo tutti e due confermano la
tradizione romana della proibizione degli Ordini sacri ai vedovi risposati. Per
Ippolito cio‟ era sbagliato appunto per l‟insegnamento di S. Paolo nella
lettera a Timoteo dove parla del candidato all‟Eepiscopato che deve essere
stato sposato una sola volta. Tuttavia Papa Callisto, non negava affatto la
validita‟ delle affermazioni di Ippolito, ma contava il numero dei matrimoni a
partire dal Battesimo.
Anche la diatriba tra Ippolito
e Papa Callisto a riguardo della proibizione di accedere agli Ordini Maggiori
per coloro che si erano sposati due volte, se letta bene nel suo contesto
storico porta alla conclusione che la proibizione del matrimonio per coloro che
avevano ricevuto gli Ordini Maggiori (Diaconato, Presbiterato, Episcopato) da
celibi era gia‟ evidente all‟inizio del terzo secolo anche a Roma. Del resto,
come abbiamo gia‟ visto nel capitolo precedente, questa e‟ una conclusione che
si trae dall‟obbligo di continenza per coloro che avevano ricevuto gli Ordini
Maggiori da sposati: infatti se la continenza era dovuta per gli
sposati-ordinati, che significato aveva un matrimonio dopo l‟ordinazione se non
poteva essere consumato? Di qui la proibizione per i celibi-ordinati di
sposarsi. 68 31
di
sposarsi e‟ giustificabile solo dal fatto che vi era dovunque l‟obbligo della
continenza per tutti i chierici degli Ordini Maggiori”. (NdR: traduzione del
redattore) 69 Cf. S. Ireneo, Adversus haereses, 3, 3, 2. 70 Cf. Cipriano
Epistulae 65, 3 (CSEL 3, 2, 724, 11).
Quindi la duplice forma della
disciplina sul celibato/continenza appare gia‟ chiara a Roma nel terzo secolo.
Certamente non si puo‟ dimenticare quanto Ireneo (140-202) afferma di
Roma, quando nella sua opera principale: “Contro le eresie” dice che la
tradizione apostolica viene conservata nella Chiesa di Roma, fondata dagli
Apostoli Pietro e Paolo. E‟ possibile che un fatto cosi‟ importante e cosi‟
chiaro come quello della continenza sacerdotale, sia sfuggito alla sua
considerazione e non sia stata inserito nella grande affermazione di cui sopra?69
3. Come Origene, anche per Cipriano
(+ 258) la celebrazione quotidiana dell‟Eucaristia implicava l‟astinenza
sessuale totale: cio‟ non solo per i celibi, ma anche per gli sposati che
accedevano agli Ordini Maggiori. A testimonianza di cio‟ riportiamo una lettera
di S. Cipriano in cui egli afferma la totale disponibilita‟ del sacerdote al
servizio divino. In questa lettera la conclusione della continenza sacerdotale
e‟ solo indiretta, ma chiara, se e‟ vero che Cipriano nega ad un Sacerdote la
possibilità di essere l‟esecutore testamentario di un altra persona, perche‟
cio‟ significherebbe essere coinvolto negli affari secolari ed essere distolto
dalle cose divine. Se per lui questo e‟ vero, quanto e‟ piu‟ vera la
distrazione che un Sacerdote avrebbe dal legame dei doveri matrimoniali. Egli
scrive:
"Perche‟ e‟ scritto:
“Nessuno che si dedica al servizio di Dio, si occupa delle cose del mondo, in
modo tale che possa piacere a Colui al quale ha promesso se stesso”. Se cio‟
vale per tutti gli uomini, quanto piu‟ non dovrebbero essere legati alle
ansieta‟ e alle occupazioni del mondo, coloro che occupati nelle cose
spirituali e divine, non possono lasciare la Chiesa e darsi ai piaceri delle
cose terrene e mondane. Pensiamo al tipo di ordinazione e di impegno che i
Leviti osservarono sotto la legge antica. Quando le undici tribu‟ si divisero
la terra e cio‟ che possedevano, la tribu‟ di Levi, che fu lasciata libera per
il servizio al tempio e all‟altare e per il ministero divino, non ricevette
nessuna parte da quella divisione. Ma mentre gli altri coltivavano la terra,
quella porzione del popolo di Dio coltivava il favore di Dio, e riceveva per il
suo cibo e sostegno, la decina di tutto cio‟ che le undici tribu‟ coltivavano.
Cio‟ avveniva per autorita‟ e volonta‟ divine, affinche‟ coloro che attendevano
al culto divino non dovessero in nessun modo essere distolti dai loro doveri, e
obbligati ad occuparsi degli affari mondani. Questo programma e questa regola
valgono ora in riferimento al clero. Infatti, coloro che nella Chiesa del
Signore sono elevati con l‟Ordinazione sacerdotale non devono in nessun modo
essere distratti dal servizio divino, e non devono essere appensantiti dai
problemi e dalle preoccupazioni del mondo. Al contrario, ad onore dei loro
fratelli che li sostengono, quasi a pagamento della loro decima, essi non
devono abbandonare ne‟ l‟altare ne‟ i sacrifici, ma devono servire giorno e
notte nelle cose spirituali e celesti”. 70
A questo proposito Bohmer
commenta cosi‟: “Dev‟essere considerata un pura sfortuna che nella letteratura
cristiana del terzo secolo a noi rimasta, non sia rimasto nessun accenno
diretto a riguardo della continenza di coloro che servono 32
all‟altare.
In ogni caso tutti gli elementi dai quali tale disciplina nasce per logica
conseguenza sono gia‟ presenti in questo periodo, e i passaggi che sembrano
autenticarli e giustificarli erano per persone come Cipriano gia‟ cosi‟
familiari e cosi‟ spesso citati come i famosi detti del Messia”.71
71 Cf H. Boehmer, “Die Entstehung des Zolibates”, in Geschichtliche
Studien Albert Hauck zum 70. Geburstag
(Leipzig, 1916), 17. (NdR: Traduzione del redattore).
2. LA CRISI DEL IV SECOLO E
LA REAZIONE DEL CONCILIO DI ELVIRA
Nel quarto-quinto secolo, per
quanto riguarda la Chiesa Latina, ci troviamo di fronte ad una crisi abbastanza
generale del celibato/continenza. Si notano abusi gravi nel Nord Africa, in
Spagna, in Gallia, e perfino a Roma, anche se non in modo grave. Cio‟ e‟ dovuto
in parte alla veloce espansione del cristianesimo, che lo ha portato a
raggiungere anche le piu‟ lontane zone rurali, dove le comunicazioni sono piu‟
difficili e dove forse la disciplina ecclesiastica e‟ meno osservata, dove
quindi il dettato apostolico a riguardo della continenza non e‟ ben conosciuto
e dove e‟ possibile adattarlo e viverlo in qualche modo: di qui i molti abusi.
Cio‟ e‟ dovuto anche al fatto che molti Vescovi aderiscono ai piccoli o grandi
movimenti eretici, finendo per non osservare piu‟ la continenza sacerdotale:
troviamo quindi in molte aree Vescovi cattolici a fianco dei Vescovi eretici.
Per cui si fatica a distinguire la prassi dei Vescovi cattolici da quelle dei
Vescovi eretici. Basti pensare che al tempo di S. Agostino circa 400 Vescovi
del nord Africa si erano fatti donatisti e agivano contro la Chiesa Cattolica.
Lo stesso si deve dire dei Vescovi Ariani. Da parte della Chiesa Cattolica si
sente quindi il bisogno di una chiarificazione al riguardo, anche perche‟ nel
frattempo prendono sempre piu‟ forza i movimenti riformisti, che in modo
opposto, invece di migliorare, aggravano la situazione. Abbiamo cosi‟ da una
parte:
I Donatisti nel Nord Africa, che vogliono una Chiesa pura e si ritengono puri,
insoddisfatti della prassi della Chiesa Cattolica che ritengono invece troppo
accondiscendente verso i peccatori e i suoi ministri che non osservano la
continenza. Essi quindi impongono la continenza sacerdotale fino al disprezzo del
matrimonio.
I Manichei, che affermano i due principi distitnti del bene e del
male. Alla sfera del male appartiene tutta la realta‟ materiale e quindi anche
il corpo umano, per cui sostengono la continenza condannando il matrimonio come
un male.
Gli Eustaziani della Spagna, che nel loro entusiasmo di riaffermare il
celibato/continenza, rischiano di provocare la reazione contraria da parte di
chi afferma la bonta‟ del matrimonio.
E dall‟altra abbiamo:
I Novaziani, che dopo essersi considerati i puri, trovano
difficolta‟ ad osservare la continenza, e quindi propongono in vari modi la sua
abolizione.
33
Gli Ariani e altri
eresiarchi, che progressivamente
rinunciano alla
disciplina della continenza,
come appare soprattutto per i Nestoriani Persiani del quinto secolo e per i
Goti ariani del sesto secolo.
I seguaci di Gioviniano, che davano la massima importanza alla grazia
battesimale, dicendo che non vi era nessuna differenza tra stato matrimoniale e
stato verginale, per cui accusano i preti di Roma di disprezzare il matrimonio.
Il Sinodo di Roma del 390 sotto papa Siricio condanno‟ Giovianiano, seguito
subito da un Sinodo di Milano sotto Ambrogio.
La prima a reagire a tale
situazione che si era venuta creando e‟ la Spagna con il Concilio di Elvira
del 305/6 che e‟ da tutti ricordato come una pietra miliare nella storia
del celibato/continenza, particolarmente nella Chiesa Latina. Questo Concilio
deriva il suo nome dalla citta‟ spagnola che oggi si chiama Granada. Il quel
momento la Spagna e la parte occidentale dell‟Impero godevano di una pace
religiosa relativamente soddisfacente sotto l‟Imperatore Costanzo, ma come in
tante altre parti dell‟impero la disciplina ecclesiastica lasciava a
desiderare, soprattutto a riguardo della contineza dei sacerdoti. Nel 306
numerosi Vescovi, Sacerdoti e Diaconi si radunarono in quella citta‟ da quasi
tutte le province della Spagna per mettere ordine alla disciplina ecclesiastica
in vari settori. Uno di questi riguardava appunto la continenza sacerdotale. Il
canone 33 di questo Concilio rappresenta la prima legge in materia di
continenza:
“Abbiamo decretato una
proibizione generale a riguardo dei Vescovi, Presbiteri e Diaconi sposati, e
anche per tutti i membri del clero che sono stati assegnati al ministero: non
devono stare assieme alle loro mogli e non devono generare figli. Chi si
rendera‟ responsabile di cio‟, sara‟ espulso dai ranghi ecclesiastici”.72 Questo
canone si trova in sintonia perfetta con il 27 dello stesso Concilio che
proibiva ai Vescovi ed altri ecclesiastici di tenere donne estranee in casa
loro. Essi potevano tenere con se‟ solo una sorella o una figlia consacrata
vergine, ma per nessun motivo una donna estranea. Questo Concilio e‟ stata
interpretato da alcuni come il Concilio che ha imposto il celibato/continenza
nella Chiesa Latina. Invece esso non ha innovato nulla, ma ha solo esplicitato
con forza la disciplina che era gia‟ in atto sia in Oriente che in Occidente.
Di piu‟ non ha fatto altro che decretare una sanzione verso coloro che
contraddicono la continenza sacerdotale. Da notare che il Concilio di Elvira e‟
quasi contemporaneo al Concilio di Neocesarea del 315, che nella sostanza fa le
stesse affermazioni. Poco dopo il Concilio di Elvira, in un‟altra parte dell‟Impero,
e precisamente ad Arles in Gallia, l‟attuale Francia, si raduna un altro
Concilio, che viene a confermare quanto decretato nel Concilio di Elvira.
Infatti il Concilio di Arles del 314 conferma il canone 33 del Concilio
di Elvira con il canone 29 che dice:
72 Cf. Concilio di Elvira, can. 33.
“Inoltre, essendo
preoccupati di custodire cio‟ che e‟ degno, puro ed onesto, noi esortiamo i
nostri fratelli (nell‟episcopato) di fare in modo che i Presbiteri e iDdiaconi
non abbiano relazioni sessuali con le loro mogli, 34
per il fatto che servono all‟altare ogni giorno. Chiunque trasgredira‟
tale decisione sara‟ deposto dalla dignita‟ sacerdotale”. 73
73 Per quanto riguarda l‟autenticita‟ di questo canone
cf.: Cochini Christian, op. cit., pp. 161-169.
3. LA LINEA DI CONDOTTA
DELLA CHIESA DI ROMA
Uno dei centri che in qualche
modo e‟ piu‟ sotto l‟osservazione dei contrapposti movimenti riformisti
ricordati poco fa e‟ Roma. Qui la presenza di questi gruppi e‟ molto forte e i
Papi si trovano al centro di queste spinte e controspinte nei confronti dell‟identita‟
cattolica e particolarmente del celibato/continenza. E‟ logico che in queste
circostanze Roma diventi per tutti un punto privilegiato di osservazione, come
pure un punto di riferimento per tutti, e anche un punto dove i vari gruppi
esercitano la massima pressione.
1. Nonostante cio‟, la
posizione di Roma a proposito del celibato/continenza e‟ molto chiara. Essa
viene espressa soprattutto con il Sinodo Romano del 385, che tratta il problema
della continenza proprio in riferimento al dibattito in corso con i Donatisti,
i Novaziani, e i Gioviniani. Questo Sinodo Romano si raduna con preoccupazione
per quanto si verificava anche in Spagna e in altre chiese d‟Occidente a
riguardo della disciplina del celibato/continenza. A questo Sinodo fa seguito
il Sinodo del 390 tenuto sotto papa Siricio che condanno‟ Gioviniano. Subito
dopo il Sinodo Romano del 390 ci fu il Sinodo di Milano sotto Ambrogio.
La posizione di Roma appare
soprattutto dalle lettere di Papa Siricio (384-399) e di Papa
Innocenzo I (401/2-417). Il pensiero di Papa Siricio si trova innanzitutto
nella lettera “Directa” che lui ha scrisse come risposta ad un quesito inviatogli
dal vescovo di Tarragona (Spagna), Imerio. Alla domanda riguardante l‟obbligo
della continenza, il Papa dice che i Presbiteri e i diaconi che generano anche
dopo l‟Ordinazione offendono una legge irrinunciabile che si ricollega agli
Apostoli. Egli dice inoltre che appellarsi all‟usanza dei Sacerdoti dell‟Antico
Testamento che osservano la continenza solo nel tempo del loro servizio al
tempio, non ha nessun valore nel Nuovo Testamento perche i Sacerdoti devono
offrire quotidianamente il Sacrificio Eucaristico.
“Abbiamo saputo che
moltissimi presbiteri e leviti di Cristo, dopo tanti anni dalla loro
consacrazione, hanno vergognosamente generato figli dalle loro mogli. Essi
difendono tale crimine con la scusa che nell‟Antico Testamento si legge che la
facolta‟ di procreare era stata data ai Sacerdoti e ai ministri sacri. Questi
tali che si danno ai desideri sensuali, mi rispondano allora: perche‟ mai il
Signore raccomanda a coloro a cui vengono affidate le cose santissime: Siate
santi, perche‟ io il Signore sono Santo? (Lev. 20, 7; 1 Pet. 1, 16). Perche‟
mai fu comandato ai sacerdoti di abitare nel tempio, lontano dalle loro case
nell‟anno del loro turno di servizio? Evidentemente per la ragione che non
potessero avere relazioni sessuali con le loro mogli, e potessero in tal modo
risplendere di coscienza pura per offrire un sacrificio gradito a Dio…. Per cui
anche il Signore Gesu‟, dopo averci illuminati con il suo arrivo tra noi, da‟
testimonianza nel Vangelo che “egli e‟ venuto ad adempiere la Legge, non a
distruggerla” (Mt. 5,17). E in questo modo ha voluto che la bellezza 35
della Chiesa, che e‟ la sua sposa, si irradiasse con lo splendore della
castita‟, cosi‟ che, quando nel giorno del giudizio egli ritornera‟ tra di noi,
egli la trovi senza ruga e senza macchia (Ef. 5,27) come Egli l‟ha voluta per
mezzo degli Apostoli.
Tutti i Presbiteri e tutti i
Leviti sono vincolati alle sanzioni di una legge perenne, per cui dal giorno
della nostra Ordinazione noi affidiamo i nostri cuori e i nostri corpi alla
continenza e alla castita‟, al solo scopo che in tutte le cose noi possiamo
piacere a Dio nei sacrifici che offriamo ogni giorno. “Ma coloro che sono nella
carne”, come vasi di elezioni, “non possono piacere a Dio” (Rom. 8,8)…… Coloro
poi che a scusa propria reclamano il falso privilegio, dicendo che esso e‟
stato concesso dall‟Antica legge, devono sapere che per autorita‟ della Sede
Apostolica essi sono stati privati di tutti gli uffici ecclesiastici, da loro
svolti indegnamente. Essi non possono neppure toccare i sacri misteri, dei
quali sono stati privati da se stessi, per il fatto che hanno seguito desideri
impuri. E siccome alcuni esempi recenti ci consigliano a stare all‟erta nel
caso che in futuro qualche Vescovo, Presbitero o Diacono fosse trovato in
queste condizioni, cosa che noi assolutamente non vogliamo, questi tali
sappiano che ogni atteggiamento indulgente sara‟ condannato da noi. E‟
necessario infatti che le ferite che non si possono curare con lozioni, siano
curate col coltello”.74 Nella seconda lettera “Cum in unum” inviata ai
Vescovi Africani nel 386 lo stesso Papa Siricio si richiama al precedente
Sinodo romano del 385, e afferma che non si tratta di punti nuovi; essi invece
si ricollegano ai tempi apostolici secondo le parole della Sacra Scrittura
“State saldi e osservate le nostre tradizioni che avete ricevute sia a viva
voce che per iscritto” (2 Ts 2,15). E aggiunge poi che se questi insegnamenti
non sono stati dati o ricevuti cio‟ e‟ dovuto solo all‟inerzia di alcuni:
74 Cf Denzinger: The source of Catholic Dogma, pp.38-39, London, 1954; cf:
Siricius, PL 13, 11382a-39a. 75 PL 13, 1156a. P. Coustant, Epistulae, p. 652.
“Per doverosa informazione
di coloro che a causa della salute o della fatica dovuta all‟eta‟ non sono
stati in grado di prendere parte al Sinodo attuale, e‟ sembrato opportuno
scrivere questa lettera allo scopo di preservare con esattezza gli atti di tale
Sinodo. Non si tratta di dare nuovi ordini. Desideriamo invece che con questa
lettera anche il popolo osservi quei precetti che da parte di qualcuno sono
stati trascurati o per apatia o per pigrizia. Si tratta comunque di argomenti
che sono stati definiti da una decisione apostolica e da una decisione dei
Padri, come e‟ scritto: “State forti e conservate gli insegnamenti che vi ho
dato sia a parole sia con questa lettera” (2 Tess. 2,15). 75 E procede
con otto canoni, in cui vi e‟ una lunga esortazione ad osservare la continenza
ecclesiastica. Essa dice:
“Inoltre, essendo degno,
casto e onesto di fare cosi‟, cio‟ e‟ quanto vi diciamo di fare: i Sacerdoti e
i Leviti (=diaconi) non abbiamo nessuna relazione matrimoniale con le loro
mogli, essendo loro assorti ogni giorno nei doveri del loro ministero. Se e‟
vero che i laici sono richiesti di essere continenti affinche‟ la loro
preghiera sia ascoltata, quanto piu‟ i sacerdoti dovrebbero essere pronti in
ogni momento, grazie ad una purezza immacolata e ben coscienti degli obblighi
che comporta l‟offerta del 36
sacrificio e del conferimento del Battesimo……Forse qualcuno pensa che
cio‟ sia permesso perche‟ e‟ scritto: “Non deve essere stato sposato piu‟ di
una volta” (I Tim. 3:2). Ma Paolo non stava parlando di un uomo che vuol
continuare ad avere figli; egli parlava della continenza che uno dovrebbe
osservare (propter futurm continentiam). Egli non accettava chi non dava
sicurezza al riguardo e diceva: Desidero che tutti siano come me (I Cor. 7:7).
E affermava ancora piu‟ chiaramente: “Chi e‟ interessato solo in cose non
spirituali, non potra‟ mai piacere a Dio. Ma i vostri desideri non sono nelle
cose che non sono spirituali, ma nelle spirituali” (Rom. 8,8-9). 76 Con la
lettera decretale “Dominus Inter” Papa Innocenzo I risponde ai Vescovi
della Gallia, che pongono una serie di sedici domande. La terza delle sedici
domande riguarda la „castita‟ e purezza dei Sacerdoti. Siccome il richiedente
cerca di sapere dalla S. Sede la conoscenza sia delle leggi che delle
tradizioni, il Papa risponde come segue:
76 Cf. PL 13, 1160a-61a; P. Coustant, Epistulae, pp. 655-57. 77 Cf. Epistula 10, 2-9
ad Gall. (PL 13, 1182-1188A; Bruns Herman Theod., Canones Apostolorum et
Conciliorum saec. IV-VII, II, 274; can. 3, 276-277. 78 Cf. Stickler Alfons Maria, op.
cit, p. 22. 79 Innocenzo I, Epist. Ad Vitricium episcopum
Rothomagensem, IX,12. PL 20, 475c-77a.
“Innanzitutto dobbiamo
considerare i Vescovi, i Presbiteri e i Diaconi, i quali devono partecipare ai
sacrifici divini, e dalle cui mani viene conferita la grazia del Battesimo e
viene confezionato il Corpo di Cristo. Non solo noi, ma le stesse Sacre Scritture
li obbligano ad essere perfettamente casti, e sono i Padri che camandano loro
di osservare la continenza corporale….. Come puo‟ permettersi un vescovo o un
sacerdote di predicare la virginita‟ o la continenza a una vedova o a una
vergine, o raccomandare le spose di mantenere il loro letto matrimoniale casto,
se lui stesso e‟ piu‟ preoccupato a far nascere figli per il mondo che per il
Signore?”. 77
2. Altre tre lettere di
Innocenzo I ripetono questi concetti richiamandosi a Papa Siricio: sono la
lettera “Etsi sibi” al vescovo Vitricio di Rouen; la lettera “Consulenti tibi”
a Esuperio della Gallia, e quella ai Vescovi Massimo e Severo della Calabria di
data incerta. 78E‟ da osservare che in queste lettere si richiede
impietosamente l‟espulsione dal ministero per coloro che offendono la
continenza sacerdotale. Riportiamo dei passi significativi delle prime due.
Nella lettera “Etsi tibi” Innocenzo
I riafferma la tradizione, trovandone il fondamento sia nel Levitico che in S.
Paolo dice:
“……La Chiesa deve sostenere
con ogni mezzo cio‟ che e‟ degno, casto e onesto, e cioe‟ che i Presbiteri e i
Leviti (=Diaconi) non abbiano nessuna relazione coniugale con le loro mogli,
perche‟ il clero e‟ occupato ogni giorno nei doveri del suo ministero. Infatti
è scritto, “Siate santi, come Io, il Signore vostro Dio, sono santo” (Lev
11,44; 20, 7)”. 79 Nella lettera “Consulenti tibi”, Innocenzo I
richiama una “santissima legge”, che trova il suo fondamento nella Sacra
Scrittura. Egli dice: 37
“Tu chiedi cosa bisogna fare a riguardo di chi, essendo rivestito del
ministero diaconale o del Sacerdozio, viene scoperto come incontinente, per il
fatto che ha generato figli. A riguardo di tali chierici, la disciplina della
legge divina e‟ molto chiara, e i richiami molto chiari del Vescovo Siricio di
beata memoria sono stati fatti conoscere a tutti, e cioe‟ che le persone che
hanno questi incarichi ecclesiali e che sono incontinenti devono essere esclusi
da ogni dignita‟ ecclesiastica e non possono esercitare un ministero che puo‟
essere espletato solo da chi pratica la continenza. Non bisogna dimenticare la
grande importanza di quella antica e sacra legge, che e‟ stata osservata fin
dall‟inizio, e cioe‟ che i Sacerdoti sono obbligati a vivere nel tempio durante
il loro anno di servizio, perche‟ i divini misteri richiedono ministri puri,
senza macchia per i santi sacrifici..... Se cio‟ è vero, allora quanto piu‟
sono tenuti all‟astensione da ogni attivita‟ sessuale i Presbiteri, il cui
dovere e‟ di pregare continuamente e di offrire sacrifici...”. 80
80 Innocenzo I, Epist. Ad Exuperium episcopum Tolosanum ,
I, 2. PL 20, 496b-98a. 81 PL 54,1204a.
3. Alla testimonianza dei Papi
Siricio e Innocenzo I vogliamo aggiungere la testimonianza di altri due Papi,
che si sono particolarmente distinti per il problema del celibato/continenza
sacerdotali. Tutti e due questi Papi sono stati chiamati „Magno‟ dalla storia.
Il primo e‟ Leone Magno (440-461), che nel 456 scrive cosi‟ al Vescovo
Rustico di Narbonne:
“La legge della continenza e‟
la stessa sia per i ministri dell‟altare (Diaconi) che per i Vescovi e i
Sacerdoti. Quando essi erano ancora laici o lettori, potevano sposarsi
liberamente ed avere figli. Tuttavia una volta elevati alle dignita‟
sopraccennate, cio‟ che era permesso prima non lo e‟ piu‟ adesso. Ecco perche‟,
dovendo la loro unione cambiare da carnale in spirituale, hanno il dovere,
senza rimandare le loro mogli, di vivere con esse come se non le avessero, cosi‟
che l‟amore coniugale sia salvaguardato e l‟attivita‟ nuziale sia finita”. 81 Questo testo e‟ molto importante perche‟ Leone Magno e‟
colui che proibisce ai Diaconi, Sacerdoti e Vescovi di abbandonare le proprie
mogli, per rispetto al Sacramento gia‟ ricevuto. Da tale lettera appare chiaro
che questo atteggiamento di Papa Leone non va inteso come una deroga alla legge
della continenza sacerdotale, ma al contrario come una sua conferma. Il
pensiero di Leone Magno diventa ancora piu‟ chiaro quando parla dell‟estensione
della legge della continenza sacerdotale ai Suddiaconi:
“Se e‟ vero che coloro che
non appartengono all‟Ordine dei chierici sono liberi di avere relazioni
coniugali e di avere figli, tuttavia per indicare che cos‟e‟ la purezza della
continenza perfetta, noi non dobbiamo permettere relazioni sessuali neppure ai
Suddiaconi: in modo tale che coloro che hanno la moglie vivano come se non l‟avessero,
e coloro che non l‟hanno rimangano celibi. Se e‟ conveniente che questo Ordine,
il quarto partendo dall‟alto, osservi la continenza, quanto piu‟ devono
osservarlo il primo, il secondo e il terzo. Che nessuno sia ritenuto atto alla
dignita‟ levitica 38
(=diaconale) o sacerdotale o a quella suprema dell‟Episcopato se consta
che non ha ancora messo fine all‟attivita‟ coniugale”. 82
82 Epist. Ad Anastasium Thessalonicensem Episcopum, IV PL
54, 672b-732. 83 Ep. I, 42. MGH, Gregorii I Papae registrum
epistolarum, 1 (Berlin, 1891), p. 67.
4. L‟altro grande Papa che ha
prestato molta attenzione alla disciplina del celibato/continenza sacerdotali,
e che la storia ha chiamato “Magno” e‟ Gregorio Magno (590-604). Nel suo
epistolario accenna piu‟ volte al problema della continenza sacerdotale. Riportiamo
tre testi che sono di particolare importanza per la loro chiarezza, perche‟ si
riferiscono a casi pratici.
Nel primo testo vediamo
S. Gregorio richiamare con forza la disciplina del celibato/continenza, e
invitare alla piu‟ grande prudenza i Vescovi, perche‟ non ordinino Suddiaconi
coloro che non promettono di vivere in castita‟:
“Seguendo la tradizione
della Chiesa Romana, tre anni fa era stato proibito ai Suddiaconi di tutte le
Chiese della Sicilia di avere relazioni coniugali con le proprie mogli. Mi
sembra comunque che sia molto difficile e improprio che uno che non e‟ abituato
a tale continenza e preecedentemente non ha promesso di osservarla, sia ora
obbligato a separarsi da sua moglie, con il rischio (che Dio non voglia) di
cadere in una situazione peggiore della prima. Di conseguenza mi sembra giusto
che d‟ora in avanti si dica ai Vescovi di non permettersi di ordinare nessuno
al Suddiaconato, senza previa promessa di vivere in castita‟. Infatti non puo‟
essere richiesto a forza cio‟ che in passato non era stato voluto e desiderato.
Percio‟ i Vescovi devono essere molto cauti in futuro. Tuttavia coloro che sono
vissuti in continenza con le loro mogli da quando tre anni fa vi e‟ stata la
proibizione, devono essere lodati, premiati ed esortati a continuare in questa
via. Invece, per quanto riguarda coloro che dal momento della proibizione non
si sono astenuti dall‟avere relazioni coniugali con le loro mogli, desideriamo
che essi non siano promossi agli Ordini Sacri, perche‟ nessuno puo‟ assumersi
il ministero dell‟Altare se non colui che prima ha dato prova di castita‟”. 83 Nel secondo
testo vediamo Gregorio Magno che scrive al Vescovo di Cagliari. Questi, a
causa della sua semplicita‟ e timidezza, non sapeva condurre la diocesi con
sufficiente autorita‟. Gregorio Magno gli ricorda il dovere di sostenere con
forza la disciplina ecclesiastica, richiamandosi ai „santissimi canoni”, cioe‟
al canone 3 del Concilio di Nicea”:
“Abbiamo saputo dal rapporto
che abbiamo ricevuto dal nostro fratello Vescovo Felice e dall‟Abate Ciriaco
che in Sardegna i presbiteri sono maltrattati dai giudici laici, e che i tuoi
ministri non rispettano la tua Fraternita‟. Inoltre, a quanto pare, mentre tu
sei grandemente intento ad evitare ogni pompa per amore della semplicita‟, la
disciplina e‟ trascurata. Per cui ti esorto, a lasciar stare le scuse, e ad
impegnarti a guidare la Chiesa che ti e‟ stata affidata, a rafforzare la
disciplina nel clero e a non temere la parola di nessuno. Ho pure sentito che
tu hai proibito al tuo Arcidiacono di vivere con donne, pero‟ fino ad ora tale
proibizione non e‟ stata ottemperata. Se tale Arcidiacono non ti obbedisce, la
mia decisione e‟ che egli sia rimosso dall‟Ordine Sacro. …..Sono venuto anche a
sapere che alcuni chierici che hanno peccato, 39
sono stati richiamati al loro ministero, dopo o ancor prima di aver
fatto penitenza. Ma cio‟ e‟ assolutamente proibito, e si dichiarano contrari a
cio‟ anche i canoni santissimi. Chi dunque e‟ caduto nel peccato della carne,
dopo aver ricevuto i sacri Ordini, deve abbandonare la dignita‟ sacerdotale e
non deve piu‟ accostarsi al ministero dell‟altare. Ma perche‟ coloro che sono
stati ordinati non si dannino, bisogna inanzitutto informarsi sulla persona che
deve essere ordinata, in modo che si conosca subito se e‟ stata continente per
molti anni, se e‟ capace di leggere e se e‟ portata ad aiutare i poveri.
Bisogna anche informarsi se per caso un uomo non si sia sposato due volte”. 84 Nel terzo
testo S. Gregorio Magno, scrivendo al Vescovo Leo di Catania, ricorda che
anche gli sposati che hanno avuto accesso al Suddiaconato devono promettere di
astenersi dall‟avere relazioni sessuali con la moglie, e considera il caso
della moglie di un Suddiacono che si e‟ dimesso per incapacita‟ di osservare la
legge della continenza: “Molte persone ci hanno informato che tra di voi si
e‟ instaurata la consuetudine di permettere ai Suddiaconi di avere relazioni
coniugali con le loro mogli. Che non si possa piu‟ fare cio‟ e‟ gia‟ stato
stabilito dal servo di Dio, il diacono della nostra sede, sotto l‟autorita‟ del
nostro predecessore nei termini seguenti: coloro che a quel tempo avevano avuto
relazioni matrimoniali con le loro mogli dovevano scegliere tra due opzioni: o
astenersi dalle loro mogli, o non esercitare piu‟ in nessun modo il proprio
ministero. Secondo le informazioni che abbiamo ricevuto, il suddiacono Specioso
ha sospeso se stesso dall‟ufficio di amministrazione, e da allora fino al
momento della sua morte ha svolto l‟ufficio di notaio, cessando pero‟ completamente
dallo svolgere il ministero proprio del Suddiacono. Abbiamo saputo che dopo la
morte sua, la moglie Onorata e‟ stata relegata dalla tua Fraternita‟ in un
monastero per via che si era risposata. Se e‟ bene che suo marito si sia
escluso da solo dal ministero, non bisogna pero‟ avere nessun pregiudizio verso
la moglie per il fatto che ha contratto un secondo matrimonio. Tanto piu‟ se si
pensa che non si era sposata col Suddiacono con l‟intenzione di astenersi dai
piaceri della carne. Se dunque tu trovi che le cose stanno cosi‟ come mi sono
state riferite, e‟ bene che tu liberi immediatamente questa donna, in modo tale
che abbia la liberta‟ di ritornare senza paura da suo marito.
84 Ep. IV, 26, pp.260-61. 85 Ep. IV, 34, ibid., pp. 269-270.
Ma in futuro la tua
Fraternita‟ deve essere estremamente prudente nel caso che qualcuno venga
promosso a tale ufficio. Con la massima diligenza devi fare in modo che se
hanno le mogli, non possano piu‟ permettersi di avere relazioni con loro. Devi
domandare loro con grande rigore che osservino tutte queste cose secondo i
desideri della Sede Apostolica”. 85
In conclusione, possiamo dire che i Papi hanno agito in modo
costante a favore della continenza sacerdotale in piena sintonia con i vari
Concili, e particolarmente di quello ecumenico di Nicea: quindi a difesa delle
decisioni avvenute in Oriente. Tra l‟altro bisogna osservare che i Papi parlano
fortemente in favore della disciplina del 40
celibato/continenza
sacerdotali, senza che nessuno dica loro che parlano in contraddizione del
Concilio di Nicea del 325. Il Concilio di Nicea e‟ stato a favore del
celibato/continenza anche se non ha scritto nessun canone direttamente al
riguardo. 4. I CONCILI LOCALI Nello stesso tempo che a Roma i Papi
richiamano con solennita‟ la disciplina del celibato/continenza sacerdotali,
nella Chiesa Latina osserviamo parecchi altri interventi di Concili locali, che
intervengono sempre a difesa del celibato/continenza. Ricordiamo alcune delle
testimonianze piu‟ significative, rimandando le altre alle note.
1. Tra le testimonianze piu‟
significative e basilari nella storia del celibato/continenza sacerdotali,
troviamo quella del Concilio di Cartagine del 390, che ricorda non solo
l‟esistenza in quella Chiesa della disciplina della continenza sacerdotale, ma
anche la sua origine apostolica. Cartagine era a quei tempi come un ponte tra
la Chiesa Orientale e la Chiesa Occidentale, perche‟ in costante contatto con
Roma, ma nella sfera di influenza di Costantinopoli. La sua testimonianza e‟
quindi particolarmente significativa. Al can. 2 si legge:
“Epigono, Vescovo di Bulla
Regia, disse: “Seguendo quanto e‟ stato deciso in un Concilio precedente a
riguardo della continenza e della castita‟, richiedo che i tre gradi che per
via dell‟Ordinazione sono vincolati alla castita‟, e cioe‟ i Vescovi, i
Presbiteri e i Diaconi, vengano illustrate di nuovo e in dettaglio sull‟obbligo
di osservare la purezza. Il Vescovo Genetlio disse: Come e‟ stato detto
precedentemente, e‟ bene che i santi Vescovi e i Presbiteri di Dio, come pure i
Leviti (cioe i Diaconi), vale a dire coloro che sono al servizio dei sacramenti
divini, osservino perfetta continenza, cosi‟ che possano ottenere in tutta
semplicita‟ cio‟ che chiedono da Dio. Cio‟ che gli Apostoli hanno insegnato e
cio‟ che l‟antichita‟ stessa ha osservato, sia osservato anche da noi.
I Vescovi dichiararono
unanimemente: “Sembra giusto a tutti noi che i Vescovi, i Presbiteri e i
Diaconi (ossia coloro che toccano i sacramenti) che sono i custodi della
purezza, si astengano dalle relazioni coniugali con le loro mogli, in modo tale
che coloro che servono all‟altare possano osservare una castita‟ perfetta”. 86
86 Cf. Concilio di Cartagine, 417, CANONE III. Sulla
continenza. Il Vescovo Aurelio disse: Quando nei Concili passati fu considerato
il problema della continenza e della castita‟, quei tre gradi, che sono legati
assieme alla castita‟ da un vincolo speciale a causa della loro consacrazione,
vale a dire i Vescovi, i Presbiteri e i Diaconi, e‟ sembrato bene che i Capi
Sacri, i Presbiteri come pure i Leviti, vale a dire coloro che servono ai
divini sacramenti, debbano essere completamente continenti, in modo tale che
siano capaci di chiedere con sincerita‟ di cuore cio‟ che cercano dal Signore.
In tal modo cio‟ che ‟ gli Apostoli hanno insegnato e l‟antichita‟ ha
conservato, noi pure lo osserviamo. CANONE IV: Sui vari ordini che devono
astenersi dalle loro mogli. FAUSTINO, il vescovo dela Chiesa Potentina, nella
provincia del Piceno, legato di Roma, disse: “Sembra bene che il Vescovo, il
Presbitero e il Diacono, cioe‟ tutti coloro che confezionano i sacramenti,
osservino la modestia e si astengano dalle loro mogli. – Tutti i Vescovi
dissero: E‟ giusto che tutti coloro che servono all‟altare osservino la
pudicizia dalle donne”.
CANONE XXV. ( XXVIII nel testo
Greco): A riguardo dei Vescovi e degli ordini inferiori che servono ai
santissimi misteri. Sembra bene che essi si astengano dalle loro mogli. Il
Vescovo Aurelio disse: Inoltre noi aggiungiamo, carissimi fratelli, che, avendo
sentito dell‟incontinenza di certi chierici con le loro mogli, debba essere
confermato cio‟ che e‟ stato deciso in diversi Concili, e cioe‟ che i
Suddiaconi che servono ai 41
santi
misteri, i Diaconi e i Presbiteri, come pure i Vescovi secondo gli statuti,
debbano astenersi dalle loro mogli, in modo tale che vivano come se non le
avessero, e se non si comportano in questo modo devono essere rimossi dal loro
ufficio. Il resto del clero non deve essere obbligato a cio‟, a meno che non
sia di eta‟ matura. Da tutto il Concilio fu detto: Cio‟ che la tua santita‟ ha
detto e‟ giusto, santo, e grato a Dio, e noi lo approviamo”. CANON LXX. (LXXIII
nel testo Greco): A riguardo di quali chierici devono astenersi dalle loro
mogli:….Inoltre, poiche‟ alcuni chierici sono stati accusati di incontinenza
con le loro mogli, e‟ sembrato bene che, seguendo i sacri canoni, i Vescovi, i
Presbiteri e i Diaconi siano obbligati ad astenersi dalle loro mogli gia‟ in
precedenza, e se non si comportano cosi‟ devono essere rimossi dal loro ufficio
clericale. Tuttavia il resto del clero non deve essere obbligato a cio‟. A
questo riguardo bisogna seguire le abitudini delle varie Chiese”. 87 Concilio di
Cartagine, a. 401, can. 3 (CCL 149, 356, 21-26) 88 Concilio di Toledo, a. 400,
can. 1. 89 Citiamo ad esempio:
il
Concilio di Valenza del 375;
il
Concilio di Sardica, can. 3 a. 345;
l‟Assemblea
Conciliaria Africana:, 25 maggio 419, Corpus Christianorum, 149, 133 ss.;
il
Concilio di Costantinopoli del 381, contro gli Ariani;
iI
Concilio di Talepte a. 418;
Inoltre
la serie ininterrotta di Concili in Spagna e Gallia che insistono ripetutamente
e senza interruzione sull‟obbligo della continenza per i ministri sposati;
Da
ricordare inoltre le disposizioni della Chiesa insulare (Irlanda-Britannia):
cf: Stickler A.M., op. cit., p. 28.
I Concili di Toledo del 569 e
di Saragozza del 592 per i chierici provenienti dall‟arianesimo. (cf. Cochini
Christian, op. cit. pp. 323-347; Sticler A. M., op. cit. 27-28).
A questa bisogna aggiungere
quella del canone 3 del Concilio di Cartagine del 401, che dice:
“Inoltre, anche se ci e‟
stato detto che alcuni chierici non vivono in continenza con le loro mogli,
tuttavia seguendo i canoni antichi essi devono astenersi dalle relazioni con le
loro mogli. Se non fanno cosi‟, devono essere rimossi dagli uffici
ecclesiastici. Gli altri chierici non sono obbligati a fare cosi‟. Ciascuno
segua la propria consuetudine”. 87
2. Quasi nello stesso periodo
abbiamo il Concilio di Toledo del 400 che afferma:
“Noi ordiniamo che i Diaconi
siano o vergini o casti, e che a coloro che praticano la continenza sia
affidato il ministero. Pero‟ coloro (=i Diaconi) che non sono vissuti in
continenza con le loro mogli prima dell‟interdetto pronunciato dai Vescovi
della Lusitania, non siano rivestiti dell‟onore del Sacerdozio. Se infatti un
Presbitero ha avuto un figlio prima dell‟interdetto, non puo‟ essere ammesso
all‟Episcopato”. 88
Nonostante i tanti abusi,
questa disciplina rimane tale durante tutto il quinto, sesto e settimo secolo,
come e‟ attestato dai numerosi Concili che si soffermano su questo argomento. 89 Vogliamo
pero‟ riportare la voce di due di essi.
3. Il Concilio di Girona
(517) che mette in risalto il problema della coabitazione dei sacerdoti
sposati, e lo fa alla luce della tradizione approvata da Leone Magno di non
mandare via la moglie. Ecco le disposizione di questo concilio:
“Can. 6: I chierici sposati,
dal Vescovo fino al Suddiacono, non devono vivere (assieme alle loro mogli)
senza un testimonio. Ecco come i chierici devono comportarsi, dopo aver
ricevuto le funzioni 42
onorifiche: se qualcuno di loro era gia‟ sposato prima dell‟Ordinazione,
e non ha dei fratelli che lo possano aiutare come testimonio, non deve piu‟
vivere assieme a sua moglie, perche‟ essa e‟ diventata sua sorella. Se invece
vuole stare con sua moglie, deve domandare l‟aiuto di un suo fratello, la cui
presenza lo obblighera‟ a comportarsi con grande sincerita‟”. 90
90 Brums, 2, 19; cf. Cochini
Christian, op. cit., p. 326. 91 IX
Concilio di Toledo, a. 655, canon 10.
4. Da parte sua il IX
Concilio di Toledo del 655 testimonia che la disciplina della continenza
perfetta era ancora intatta, anche all‟approssimarsi del II Concilio Trullano
(691), che ha segnato la definitiva differenziazione a riguardo della
disciplina della continenza sacerdotale tra Oriente e Occidente.
“Can. 10: Fino ad ora i
Padri hanno preso numerose decisioni riguardanti l‟incontinenza dei chierici.
Cionnostante, tali persone non sono ancora riuscite a correggere le loro
azioni, al punto che i giudici devono aggravare le loro decisioni. Per cui le
sanzioni che vengono prese non riguardano piu‟ solo i perpetratori di atti
contro la legge, ma anche i loro discendenti. Tale decisione viene presa dunque
in riferimento a chiunque e‟ rivestito di dignita‟, dal Vescovo fino al
Suddiacono, per chiunque ha avuto figli da relazioni peccaminose con una
schiava o con una donna libera. Coloro di cui non c‟e‟ nessun dubbio che sono i
veri padri di questi bambini saranno sottoposti alle sanzioni canoniche. Per
quanto riguarda i bambini nati da tale relazioni peccaminose non soltanto non
erediteranno mai i beni dei loro genitori, ma, in forza di un diritto
irrevocabile, rimarranno al servizio della Chiesa a cui appartiene il Presbitero
o il ministro, dalla cui azione vergognosa essi sono nati”. 91
Come si vede qui abbiamo una
decisione disciplinare non solo riguardante i genitori, ma gli stessi figli. I
Vescovi di tale Concilio sono estremamente severi, ma totalmeente fedeli ai
Concili precedenti che avevano gia‟ affermato piu‟ volte la disciplina della
continenza sacerdotale. In riferimento a questo Concilio Cocchini afferma: “….
Dobbiamo dire che una cosa e‟ certa, e cioe‟ che i Concili di Toledo furono
certamente severi, ma anche strumenti efficaci, perche‟ per mezzo di essi la
Chiesa di Spagna, a dispetto di innumerovoli ostacoli, rimase fedele alla
plurisecolare disciplina della continenza sacerdotale”.92