Articoli , pensieri e riflessioni sul celibato sacerdotale (o celibato ecclesiastico) e sulla castità come consiglio evangelico.
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San Pier Damiani , Liber Gomorrhianus

I
<Inizia il libro Gomorriano dell'umile monaco Pier Damiani
ñ[1][1]
Pietro, il piÙumile servo fra i monaci, al Beatissimo Papa Leone l'omaggio del dovuto rispetto.      
PoichÈsappiamo, dalla bocca stessa della VeritÀ , che la Sede Apostolica È la madre di tutte le Chiese, È giusto che, se in qualche luogo È emerso qualche dubbio riguardante la cura delle anime, si ricorra ad essa come ad una maestra e, come, in un certo senso, alla fonte della sapienza celeste. CosÀ¬ da quell'unica sorgente della disciplina ecclesiastica uscirÀ  la luce che, abbattute le tenebre del dubbio, illuminerÀ  tutto il corpo della Chiesa del limpido splendore della VeritÀ .       
Invece, nelle nostre regioni, cresce un vizio assai scellerato e obbrobrioso. Se la mano della severa punizione non lo affronterÀ  al piÙpresto, certamente la spada del furore divino infierirÀ  terribilmente minacciando la sventura di molti. Ah! Mi vergogno a dirlo! Mi vergogno ad annunciare una cosa tanto vergognosa alle sante orecchie, ma se il medico inorridisce per il fetore delle piaghe, chi userÀ  il cauterio? Se colui che sta medicando, si nausea, chi guarirÀ  le anime malate? La sozzura sodomitica[1]
[2][1] si [2]insi[3]nua come un cancro nell'ordine ecclesiastico[1][3][1], an[4]zi, [5]come una bestia assetata di sangue infierisce nell'ovile di Cristo con libera audacia, tanto che sarebbe molto meglio essere stati schiacciati sotto il giogo della milizia secolare piuttosto che essere assoggettati, tanto liberamente, alla ferrea legge della tirannide diabolica sotto la copertura della religione[1][4][1]. Co[6]me dice la VeritÀ :  «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da asino e fosse gettato negli abissi del mare »[1][5][1]. E se la potenza della sede apostolica non interviene al piÙpresto, senza alcun dubbio la sfrenata dissolutezza, benchÈdesideri essere repressa, non sarÀ  capace di fermare l'impeto del suo corso.

II
<Dei diversi comportamenti sodomiticiñ
Quattro tipi di questo comportamento vergognoso possono essere distinti nello sforzo di svelarvi tutto il problema in modo ordinato[1][6][1]. 
Alcuni si macchiano da soli, altri si contaminano a vicenda toccandosi con le mani i membri virili, altri fornicano fra le cosce e, infine, altri [fornicano] di dietro. Fra questi c'È una progressione graduale tale che l'ultimo È ritenuto piÙgrave rispetto ai precedenti. PerciÒviene imposta, a quelli che peccano con altri, una penitenza maggiore rispetto a quella prevista per chi si macchia da solo con il contatto del seme emesso, e quelli che si contaminano da dietro sono giudicati piÙseveramente di quelli che si uniscono fra le cosce[1]
[7][1]. Quindi, l'abile macchinazione del diavolo ha escogitato questi gradi di dissolutezza in modo che, quanto piÙin alto l'anima infelice prosegue fra questi, tanto piÙin basso È gettata nella profonda fossa dell'inferno.
III
<Del perchÈl'eccessiva pietÀ  dei superiori non allontana i peccatori dall'ordineñ
Senza dubbio, i colpevoli di questa rovina spesso rinsaviscono grazie alla generositÀ  della misericordia divina, si pentono completamente[1][8][1], sopportano devotamente il peso della penitenza, per quanto gravoso, e davvero rabbrividiscono al pensiero di perdere il grado ecclesiastico. In veritÀ , certi rettori delle Chiese sono, riguardo a questo vizio, piÙcomprensivi forse di quanto giovi[1][9][1]. In modo assoluto decretano che nessuno, a causa di quei tre gradi che prima sono stati enumerati, debba essere bandito dal suo ordine. Invece, ammettono la degradazione solamente per quelli che, senza dubbio, abbiano peccato di dietro[1][10][1]. Vale a dire che sia chi emette il seme mediante il proprio sforzo genitale, sia chi macchia l'altro a causa dello sfregamento delle mani e sia chi si sdraia secondo l'uso del sesso diverso fra le cosce, purchÈnon abbia peccato di dietro, farÀ  una certa penitenza, dopo che sia stata valutata la gravitÀ  del peccato, e senza dubbio non recederÀ  dal suo ordine[1][11][1].[1] CosÀ¬, puÒsuccedere di vedere colui di cui si sa per certo che ha peccato con otto o anche dieci uomini, rimanere nel suo ordine. Questa empia benevolenza, senza dubbio, non guarisce la ferita, ma la ingrandisce fornendole fomite, non provoca amarezza per l'atto illecito compiuto, ma anzi offre la libertÀ  di compierlo. Certamente, un ecclesiastico carnale di qualsiasi ordine, teme di piÙdi essere disprezzato al cospetto degli uomini che di essere condannato nell'esame del Giudice Supremo. Per questo motivo preferisce una penitenza, per quanto severa e per quanto violenta, piuttosto che correre il rischio di essere degradato. E mentre, grazie ad un errato discernimento, non esita ad abbandonare il suo onore, È incitato a pregustare le cose sconosciute e in queste, che ha pregustato impunemente, È spinto a rimanere per lungo tempo. E, cosÀ¬ come ho detto, poichÈnon si colpisce dove piÙforte È il dolore, colui che una volta cadde nel pantano della fangosa oscenitÀ  continua a giacervi mollemente.
IV
<Del perchÈquelli che sono dediti ad atti immondi non devono essere accettati nell'ordine, nÈvi devono rimanere se giÀ  siano stati promossiñ
Ci sembra completamente assurdo che quelli che si insozzano abitualmente con questa malattia purulenta osino entrare nell'ordine o rimanere nel loro grado quando siano giÀ  stati promossi, perchÈÈ contrario alla ragione e alle sanzioni canoniche dei Padri. Comunque, non affermo questo come pretesto per proporre una bozza di sentenza definitiva alla presenza della Vostra autoritÀ , ma semplicemente per spiegare la mia opinione a riguardo. Per l'appunto questa scelleratezza È considerata, e non immeritatamente, la peggiore fra tutti i vizi. Infatti, Dio onnipotente, come si legge, lo ha sempre odiato e, quando ancora non l'aveva schiacciato con un precetto legale insieme agli altri vizi, giÀ  lo condannava ad una severa punizione. Infatti, non c'È bisogno di ricordare che egli distrusse, mandando dal cielo zolfo e fuoco, Sodoma e Gomorra[1][12][1], due cittÀ  senza dubbio eccellenti, e tutte le regioni confinanti; colpÀ¬ con una morte immatura Onan, figlio di Giuda, a causa di questo atto scellerato e la Scrittura ne È testimone quando dice:  «Onan, sapendo che la prole non sarebbe stata considerata sua, quando si univa alla moglie di suo fratello, disperdeva per terra il seme per non dare una posteritÀ  al fratello, cosÀ¬ il Signore lo colpÀ¬ [con la morte] poichÈaveva fatto una cosa abominevole »[1][13][1]. Anche la legge dice:  «Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un'abominazione; siano messi a morte e il loro sangue ricada su di loro »[1][14][1].
Inoltre, beato Papa Gregorio dichiara che chi si È macchiato di quel crimine che l'antica legge ordina di punire con la morte, non deve essere ammesso nell'ordine ecclesiastico. Nelle sue lettere egli scrive al vescovo Passivo dicendo:  «Sua eccellenza sa bene che per lungo tempo l'Abruzzo È stato senza cura pastorale, quando noi cercavamo chi dovesse essere ordinato e non riuscivamo a trovarlo. Ma poichÈImportuno[1]
[15][1] mi È stato molto lodato per i suoi costumi, per lo studio dei salmi, per l'amore della preghiera e poichÈdi lui si dice che conduca vita religiosa, noi desideriamo che sua eccellenza lo faccia venire al suo cospetto e che lo inviti a ricordare fino a che punto la sua anima sia cresciuta nelle buone azioni. E se a lui non si obiettano quei crimini che sono puniti con la morte dalla legge divina, allora da voi puÒessere ordinato o come monaco o come suddiacono e, dopo molto tempo, se piace a Dio, puÒessere promosso alla cura pastorale »[1][16].
         Ecco, qui si riassume apertamente perchÈogni uomo che pecca con un altro uomo come con una donna, cioÈ fra le cosce[1][17][1], [commettendo] senza alcun dubbio un crimine, come abbiamo spiegato prima, debba essere punito, secondo l'antica legge, con la morte benchÈsia meritevole per i suoi onesti costumi, ferva nello studio dei salmi, brilli nell'amore della preghiera e conduca davvero una vita religiosa testimoniata dalla sua fama. Certamente, l'accusato puÒricevere l'indulgenza plenaria ma in nessun modo gli È permesso di aspirare all'ordine ecclesiastico. Infatti, di quel venerabile uomo che È Importuno, che dapprima È esaltato con tanto zelo, È ornato di ghirlande per il suo comportamento tanto religioso e onesto, È elogiato per le sue virtÙ, di lui, in seguito, si dice:  «E se a lui non si obiettano quei crimini che sono puniti con la morte dalla legge divina, allora puÒessere ordinato ». Sicuramente È chiaro che chi ha commesso un crimine degno di essere punito con la morte, non migliora entrando nell'ordine ecclesiastico, pur praticando una vita religiosa. NÈcolui che senza dubbio È caduto nel baratro del peccato mortale, puÒinnalzarsi al culmine dell'onore. PerciÀ², È piÙchiaro della luce che, chiunque abbia fornicato fra le cosce maschili, commettendo un peccato mortale, entra a far parte dell'ordine ecclesiastico del tutto contro l'antica legge e contro le regole dell'autoritÀ  divina.
V
<Se È lecito che tali peccatori compiano questo ufficio quando la necessitÀ  ecclesiastica lo richiedañ
Ma, forse, c'È chi pensa che, quando la necessitÀ  sovrasta e manca una persona che compia il sacro ufficio nella Chiesa, la sentenza che prima abbiamo ricavato dalla giustizia divina, venga opportunamente ammorbidita per far fronte all'esigenza del momento. A questo rispondo brevemente. Non si era presentata una necessitÀ  anche quando la sede pontificia mancava della guida? Per il vantaggio di uno solo, dovremmo cancellare una censura che poi nella destituzione di un solo popolo rimane inalterata? E ciÒche non si disfa per il bene della moltitudine, si viola per l'interesse di una sola persona? Anche l'insigne predicatore entra nel merito e dichiara espressamente ciÒche pensa riguardo a questo vizio. Nella lettera agli Efesini dice:  «Infatti, sappiatelo bene, nessun fornicatore o depravato o avaro, ha parte nel regno di Cristo e di Dio »[1][18][1]. Quindi se l'immondo non ha alcuna ereditÀ  in cielo, con quale presunzione, con quale superbia temeraria ottiene, nonostante tutto, un posto nella Chiesa, che È, non meno, il regno di Dio?[1][19][1] Colui che cadendo nella scelleratezza trascurÒla legge divina, temerÀ  forse di disprezzarla ascendendo alla carica della dignitÀ  ecclesiastica? Costui non si trattiene in niente perchÈnon ha paura di disprezzare Dio.      
Ma senza dubbio, questa legge È imposta soprattutto a quelli che l'hanno violata; ne È testimone Paolo che, scrivendo a Timoteo, dice:  «la legge non È istituita per chi È giusto, ma per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli omicidi, per i fornicatori, per i concubini dei maschi, per i ladri di persone, per i mentitori, per gli spergiuri e per qualsiasi altro vizio che si opponga alla sana dottrina »[1]
[20][1]. Dunque questa legge È imposta ai concubini dei maschi, come si È detto, affinchÈnon osino contaminare i sacri ordini. Ma io chiedo, come puÒquesta legge essere osservata se proprio da quelli che l'hanno fatta, È disprezzata? Se una persona È considerata utile, È giusto che quanto piÙsaggiamente coltiva i suoi talenti naturali, tanto piÙprudentemente osservi i comandi della legge autentica. Infatti, ciascuno quanto piÙÈ saggio, tanto peggio sbaglia; inevitabilmente si merita la pena colui che, se avesse voluto, avrebbe potuto saggiamente evitare il peccato. Infatti, come dice il beato Giacomo:  «Chi dunque sa fare il bene e non lo compie, commette peccato »[1][21][1]. E la VeritÀ  dice:  «Da chi ha ricevuto di piÙsi esige di piÙ »[1][22][1]. Infatti, se la disciplina ecclesiastica viene trasgredita dall'uomo erudito, È cosa mirabile che sia osservata dall'ignorante. Inoltre, se un qualsiasi uomo colto viene ammesso impropriamente nell'ordine ecclesiastico, costui sembra spianare ai suoi seguaci e, per cosÀ¬ dire, ai piÙsemplici il sentiero dell'errore, che egli ha giÀ  iniziato, e sembra percorrerlo col piede gonfio di superbia. Egli non solo deve essere giudicato perchÈha peccato, ma perchÈha invitato con il suo esempio di presunzione, anche gli altri ad emularlo nel peccare.
VI
<Di quelli che sono caduti in balia di un sentimento depravato e che, dopo questo vizio, desiderano entrare nell'ordine sacroñ
Chi fugge con l'orecchio sordo, anzi chi non trema dal profondo quando l'Apostolo, come una tromba tuonante, contro queste cose dice:  «Dio li ha lasciati in balia dei desideri dei loro cuori, fino all'immondezza che È consistita nel disonorare il loro corpo fra di loro »[1][23][1]. E poco dopo:  «Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami. Infatti le loro donne scambiarono il rapporto sessuale naturale con quello contro natura. Allo stesso modo gli uomini, lasciato il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni verso gli altri, compiendo turpitudini uomini con uomini, ricevendo in se stessi la debita ricompensa della loro aberrazione. E poichÈnon hanno stimato saggio possedere la vera conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balÀ¬a di una intelligenza depravata, sicchÈcommettono quelle cose che non sono convenienti »[1][24][1]. PerchÈdopo un cosÀ¬ grave peccato ambiscono all'alto grado ecclesiastico? Che cosa si puÒsupporre, che cosa si puÒcredere se non che Dio li ha abbandonati in balia dei desideri? NÈ, valutati i loro peccati, permette che vedano quelle cose che sono loro necessarie. PoichÈ, infatti, per loro il sole È tramontato, cioÈ È salito sopra l'occidente[1][25][1], i loro occhi interiori sono diventati ciechi. Per questo motivo, nÈriescono a considerare che sono gravi quei mali che si commettono nella lordura, nÈche sia ancora peggio desiderare delle cose sregolate contro la volontÀ  di Dio. Riguardo a questa abitudine comune, si ricava, dalla giustizia divina, che quelli che si macchiano con questa condotta sfrenata e perversa, degna di un castigo violento, cadono nelle tenebre della cecitÀ . Come leggiamo negli autori antichi riguardo a questa sconcezza:  «Si precipitarono con molta forza contro il giusto Loth e giÀ  erano vicini a sfondare la porta. Ma ecco  — dice la Scrittura  — gli uomini allungarono le braccia e trascinarono in casa Loth e richiusero la porta e colpirono con la cecitÀ  quelli che erano fuori, dal piÙgiovane al piÙvecchio, cosÀ¬ che questi non poterono vedere la porta »[1][26][1]. Inoltre, risulta appropriato che si veda la persona del Padre e del Figlio in quei due angeli che, come si legge, erano venuti dal Beato Loth. Questo È evidente quando lo stesso Loth, parlando a loro, dice:  «Ti prego, mio Signore, perchÈil servo tuo ha trovato grazia ai tuoi occhi. Tu hai fatto grande la tua misericordia verso di me salvandomi la vita »[1][27][1]. Certamente, Loth parla a due persone come se si rivolgesse ad una sola perchÈsi venera una sostanza in due persone.


         PerciÒi Sodomiti cercano di assalire violentemente gli angeli, come gli uomini immondi tentano di avvicinarsi a Dio attraverso le cariche dell'ordine sacro. Ma questi, senza dubbio, vengono puniti con la cecitÀ  cadendo nelle tenebre interiori, secondo la giusta sentenza di Dio. CosÀ¬ non riescono a trovare la porta, perchÈpeccando si sono allontanati da Dio e ignorano da quale parte si ritorni a lui. Àˆ chiaro che bramano di raggiungere Dio non attraverso l'umiltÀ , bensÀ¬ mediante l'arroganza e la tortuositÀ  dell'orgoglio, perchÈnon riconoscono l'ingresso aperto da dove si entra. Ma anche perchÈCristo È la porta, come egli stesso dice:  «Io sono la porta »[1][28][1]. Quelli che abbandonano il Cristo a causa dei peccati, siccome non possono entrare nella casa dei cittadini celesti, non trovano la porta.      

PerciÒsono stati abbandonati alla ignominiosa passione, perchÈnon valutano mediante un'accurata riflessione, con la bilancia della propria mente, la gravitÀ  del loro peccato, pesante come una massa di piombo, ma considerano la leggerezza delle futili pene. Quindi accade ciÒche si dice in questo passo:  «Colpirono quelli che erano fuori con la cecitÀ  »[1]
[29][1] punizione che l'Apostolo annuncia chiaramente quando dice:  «Dio li ha abbandonati ad un'intelligenza depravata »[1][30][1]. A questo viene aggiunto:  «cosicchÈnon poterono trovare la porta »[1][31][1] e anche questo l'Apostolo espone chiaramente:  «cosicchÈcommettono quelle cose che non sono convenienti »[1][32][1]. Il che equivale a dire: perciÒcercano di entrare, da dove non devono. Infatti, chi non È degno dell'ordine, cerca di entrare anche con la violenza nell'ufficio del sacro altare. Chi altro, lasciato sulla soglia della porta, si sforza di passare attraverso la barriera di una parete insormontabile? E poichÈil libero ingresso non È accessibile ai loro piedi, questi, mentre giurano a se stessi di poter raggiungere il sacrario, ingannati dalla loro presunzione, sono costretti a rimanere piÙa lungo nell'anticamera esteriore. Senza dubbio, essi possono battere la testa contro i macigni della Sacra Scrittura, ma in nessun modo avranno il permesso di entrare attraverso la porta dell'autoritÀ  divina; mentre cercano di entrare dove non È loro permesso, non fanno altro che palpare invano la parete protetta. A questi si riferisce giustamente ciÒche viene detto per bocca del profeta:  «E a mezzogiorno brancolano come di notte »[1][33][1]. Quelli che non possono direttamente oltrepassare la soglia della porta, girano in cerchio, errando impazziti. Di <Flebile lamento per l'anima dedita alle sporcizie del peccatoñ
Io, io piango te, anima infelice, e dal profondo del cuore gemo per la sorte della tua perdizione! Piango per te, dico, anima miserabile, dedita alle sporcizie della lussuria, senza dubbio bisognosa del pianto di tutta la sorgente delle lacrime. AhimÈ!  «Chi renderÀ  la mia testa una fonte e i miei occhi una sorgente di lacrime? »[1][80][1] Ora pronuncio io questa flebile voce, e non senza motivo, come quando la proferÀ¬ la bocca apostolica. Infatti, non deploro le fortificazioni di pietra della cittÀ  munita di torri, nÈ gli edifici rovinati del tempio costruito dall'uomo. Non mi lamento per gli eserciti del popolo vile che furono condotti prigionieri nel regno del re di Babilonia. Piango l'anima nobile, fatta ad immagine e somiglianza di Dio, grazie al sangue preziosissimo di Cristo, piÙ preziosa di molti edifici e sicuramente da preferire a tutte le grandezze fatte dall'ingegno umano. Deploro la caduta dell'anima virtuosa e la rovina del tempio in cui aveva abitato Cristo. Occhi miei, piangendo venite meno, scioglietevi in ruscelli pieni di lacrime, bagnate con pianti ininterrotti i tristi visi in lutto. I miei occhi stillino lacrime notte e giorno con il profeta e non cessino perchÈ  «la ferita È grande, ha squarciato la vergine figlia del mio popolo una piaga molto dolorosa »[1][81][1]. SÀ¬ la figlia del mio popolo fu colpita da una terribile piaga, poichÈ l'anima, che era stata figlia della Santa Chiesa, fu ferita crudelmente, con la freccia dell'impuritÀ , dal nemico del genere umano. Essa era nutrita, con tenerezza e mitezza, nella casa del re eterno con il latte della parola sacra. Ora È contagiata dal veleno della libidine, È marcita sotto le ceneri sulfuree di Gomorra, e la si vede giacere indurita.  «Quelli, infatti, che mangiavano cibi deliziosi, languivano per le strade, quelli che erano allevati sulla porpora, abbracciavano letame »[1][82][1]. Senza dubbio, la colpa dell'anima cristiana supera il peccato di Sodoma, poichÈ ognuno ora sbaglia tanto peggio quanto piÙ disdegna gli ordini della grazia angelica, e non puÒrimediare indugiando nella giustificazione, la notizia della legge divina lo accusa con forza.
Oh anima infelice, perchÈ non pensi da quale somma dignitÀ  sei uscita, di quanto splendore e gloria ti sei spogliata?  «come mai il Signore ha oscurato nella sua ira la figlia di Sion? Ha scaraventato dal cielo alla terra la maestÀ  di Israele[1]
[83][1] ha cancellato ogni suo decoro dalla figlia di Sion »[1][84][1]. Io compatisco la tua disgrazia e, piangendo amaramente la tua vergogna, dico:  «Si consumano di lacrime i miei occhi, fremono le mie viscere, si scioglie per terra il mio fegato per la ferita della figlia del mio popolo »[1][85][1]. E tu facendo finta di non pensare ai tuoi mali e prendendo coraggio dal peccato,  «Siedo regina  — dici  — e non sono vedova »[1][86]Io esclamo deplorando la tua prigionia:  «PerchÈ Giacobbe È considerato uno schiavo di nascita e Israele È divenuto una preda? »[1][87][1] E tu dici:  «Sono ricco, sono diventato ricco, non ho bisogno di nulla. E non ti accorgi che proprio tu sei il piÙ infelice: miserabile, povero, ceco e nudo »[1][88]
         Considera misero, quanta oscuritÀ  stringe il tuo cuore; osserva quanto È densa l'oscuritÀ  della cecitÀ  che ti avvolge. Ti spinse il furore della libidine verso il sesso maschile? La frenesia della lussuria ti incitÒverso la tua specie, cioÈ, uomo con uomo? Forse che, ogni tanto, un caprone preso da libidine È saltato sopra un altro caprone? Un ariete È forse impazzito per l'ardore dell'accoppiamento con un ariete? Certamente, un cavallo con un altro cavallo mangia blandamente e in concordia; in seguito, vista una cavalla, si inselvatichisce per la lussuria. Giammai un toro desiderÒspudoratamente unirsi in amore con un altro toro. Giammai in asino emise un raglio per lo stimolo ad accoppiarsi con un altro asino. Quindi, gli uomini persi non temono di compiere ciÒche anche gli stessi rozzi animali aborriscono? CiÒche È commesso dall'avventatezza della perversitÀ  umana È condannato dal giudizio delle bestie che sono prive di intelligenza. Parla, uomo evirato. Rispondi, uomo effeminato, che cosa cerchi in un uomo? CiÒche non puoi trovare in te stesso? La diversitÀ  dei sessi? I lineamenti diversi dei membri? La tenerezza della lusinga carnale? La gioia del volto pronto ad assecondarti? Abbi paura, ti prego, del vigore mascolino, la tua mente detesti i corpi virili. Certamente, È naturale il desiderio, poichÈ ciascuno cerca fuori ciÒche dentro la prigione delle sue capacitÀ  non puÒtrovare. Se perciÒil contatto della carne mascolina ti piace, volgi la mano verso di te, e sappi che ciÒche non trovi in te, inutilmente lo cercherai in un altro corpo. Guai a te, o anima infelice! Della tua rovina si rattristano gli angeli e i nemici esultano con applausi. Sei diventata preda per i demoni, saccheggio per i crudeli, bottino per gli empi.  «Spalancarono contro di te la loro bocca tutti i tuoi nemici, fischiarono e digrignarono i denti e dissero: L'abbiamo inghiottita! E' certo questo il giorno che attendavamo, l'abbiamo trovato, lo vediamo »[1][89]
XIX
<Del perchÈ debba essere pianta quell'anima che non piange se stessañ
Per questo motivo, io piango te, anima miserabile con tanti gemiti, perchÈ non ti vedo piangere. Per questo motivo, io mi prostro a terra per te, perchÈ ti vedo stupidamente in piedi, dopo un peccato tanto grave, e, oltre a questo, vedo che aspiri pure all'onore dell'ordine ecclesiastico. Al contrario, se tu ti umiliassi, io, sicuro della tua guarigione, esulterei con tutto me stesso nel Signore. Se la degna compunzione del cuore contrito scuotesse i segreti del tuo petto, io, giustamente, gioirei col tripudio dell'ineffabile letizia. Per questo motivo, tu sei da commiserare al sommo grado, perchÈ non piangi. Per questo tu hai bisogno che qualcuno si lamenti per te, perchÈ tu stessa non ti duoli della tua disgrazia. CosÀ¬ devi essere pianta con gemiti ancora piÙ penosi della compassione fraterna, poichÈ in nessun modo appari turbata dall'afflizione della tua tristezza.   
PerchÈ fai finta di non pensare al peso della tua dannazione? PerchÈ continui ad accumulare per te un tesoro di collera per il giorno dell'ira, precipitando nella profonditÀ  dei peccati e innalzandoti nella superbia? Scende, scende sopra di te, quella maledizione che dalla bocca di Davide È lanciata a Gioab, e che È nella sua casa, per aver versato il sangue di Abner. Ora vive nel tuo corpo quella peste gomorriana che condannÒla casa di Gioab per punirlo del crudele omicidio. Dopo che Abner È stato ucciso, David dice:  «Sono innocente io e il mio regno in perpetuo del sangue di Abner, figlio di Ner. Ricada esso sulla testa di Gioab e su tutta la casa di suo padre, nÈ manchi dalla casa di Gioab un gomorriano »[1]
[90][1]. Questo passo È riportato in un altra traduzione:  «nÈ vi manchi chi soffre di gonorrea e di lebbra, un effeminato, chi cade di spada e chi sia privo di pane »[1][91][1]. La lebbra, certamente, pervade colui che si È insozzato del grave peccato. Senza dubbio,  “maneggiare il fuso ” significa abbandonare le cose forti della vita virile e esibire la mollezza seduttrice dell'intimitÀ  femminile.  “Cade di spada ” chi incappa nel furore dell'ira divina. Àˆ privo di pane colui che, lontano dalla percezione del Cristo, È stretto nella pena per il peccato commesso:  «quello È infatti il pane vivo disceso dal cielo »[1][92]
         Se, perciÀ², o sacerdote indegno, sei diventato impuro perchÈ hai contratto la gonorrea, sei costretto, secondo un precetto della legge, a rimanere fuori della cittÀ [1][93][1]: perchÈ cerchi ancora di ottenere all'interno della stessa societÀ  il primato dell'onore? Il re Ozias, essendo stato punito dal cielo con la lebbra poichÈ aveva voluto, a causa della sua superbia, bruciare l'incenso sull'altare dei profumi, non sopportÒforse pazientemente che i sacerdoti lo cacciassero dal tempio? Anzi, non si affrettÒlui stesso ad andarsene di sua iniziativa?[1][94][1] Infatti sta scritto:  «Il sommo sacerdote Azaria e gli altri sacerdoti lo guardarono e videro il segno della malattia sulla fronte e subito lo mandarono via », e subito si aggiunge:  «ed egli stesso atterrito, si affrettÒad andarsene perchÈ capÀ¬ di essere stato colpito dal Signore »[1][95][1].
         Se il re, colpito nel corpo dalla malattia, non si oppose ai sacerdoti che lo espellevano dal tempio, tu, malato nell'anima, perchÈ non sopporti di essere allontanato dal sacro ordine secondo la legge dei Padri? Se quello non si vergognÀ², abbandonato il potere della dignitÀ  regale, ad abitare in una casa privata fino alla morte, tu perchÈ sei turbato nel discendere dalla rocca dell'ufficio sacerdotale? PerchÈ messa da parte la penitenza, desideri essere considerato quasi morto fra i vivi? E, come possiamo ricorrere a quella storia mistica di Gioab se tu stesso cadesti con la spada? In che modo, solleverai un altro peccatore attraverso la grazia sacerdotale? Se tu, a causa delle pretese delle colpe, sei privo di pane, cioÈ lontano dal corpo di Cristo, in quale modo potrai saziare un altro con i cibi della mensa celeste? Se tu sei colpito in fronte dalla malattia di Ozia, cioÈ sei deturpato in faccia dal segno dell'infamia, in quale modo potrai salvare un altro dall'alluvione prodotta dal crimine commesso? Arrossisca, quindi, la superbia gonfiata, e non desideri essere sollevata sopra di sÈ, poichÈ sotto di sÈ grava pesantemente il bagaglio del suo peccato. Impari a valutare i suoi peccati con sottile considerazione. Impari a contenersi umilmente entro i limiti della sua misura, perchÈ non esiga arrogantemente ciÒche in nessun modo merita di essere raggiunto. Abbandoni del tutto anche ciÒche la vera umiltÀ  avrebbe potuto sperare.
XX
<Del perchÈ il servizio di un prete indegno È la rovina del popoloñ
O riprovevoli uomini carnali, perchÈ desiderate, vi chiedo, con tanto ardore ambizioso, l'alta carica ecclesiastica? PerchÈ con tanto desiderio, tentate di irretire il popolo di Dio con i lacci della vostra perdizione? Non vi basta che voi stessi sprofondiate negli abissi del peccato, volete coinvolgere anche altri nel pericolo della vostra rovina? Se, infatti, qualcuno venisse a chiederci di intercedere per lui presso un certo uomo potente, a noi davvero sconosciuto, che È adirato con lui, tosto risponderemmo: non possiamo intercedere perchÈ non abbiamo notizie sul suo conto. Se perciÀ², un uomo arrossisce nel diventare intermediario di un altro uomo di cui non conosce nulla, con quale animo, colui che non sa essere partecipe della grazia di Dio, mediante la qualitÀ  della sua vita, vuole fare da intermediario presso Dio a favore del popolo? Colui che ignora Dio, in che modo puÒchiedergli perdono per altri o di pacificarsi con lui? Per questo motivo, dobbiamo temere piÙ ansiosamente altre cose, perchÈ non possiamo credere che quello possa placare l'ira di Dio, giacchÈ egli stesso la merita a causa del proprio peccato. Tutti quanti, infatti, sappiamo con piena sicurezza che quando chi non È gradito viene mandato ad intercedere, l'animo arrabbiato È stimolato a cose ancora peggiori.    
PerciÒchi È ancora stretto nei desideri terreni, si guardi bene dall'accendere maggiormente l'ira del Giudice severo. Mentre egli si rallegra della fama, diventa responsabile della rovina dei subalterni. Quindi, con solerzia, ciascuno esamini se stesso perchÈ non osi prendere l'incarico dell'ufficio sacerdotale se ancora regna in lui, in modo riprovevole, il vizio e affinchÈ chi È sfigurato dal suo vizio non desideri diventare intercessore delle colpe di altri. PerciÀ², moderatevi, moderatevi e abbiate il timore di accendere, inestinguibilmente, il furore di Dio contro di voi. Moderatevi per non offenderlo agendo apertamente in modo iniquo, per non irritarlo di piÙ con le stesse preghiere. Contenti per la vostra rovina, guardatevi bene dal diventare colpevoli dell'altrui perdizione. Infatti, quanto piÙ moderatamente ora peccate, tanto piÙ facilmente, fatta la penitenza, presto o tardi risorgerete grazie alla misericordia di Dio.
XXI
<Del perchÈ Dio non vuole ricevere sacrifici dalle mani dei peccatoriñ
Se lo stesso Dio onnipotente disdegna di ricevere l'offerta dalle vostre mani, chi È di voi che presume di imporsi importunamente a colui che non vuole?  «Certamente il sacrificio degli empi È abominio al Signore »[1][96][1]. Ma voi siete adirati con me e disprezzate di ascoltare me scrivo. Per una volta ascoltatemi, parlo a voi con bocca profetica. Ascoltate me che rivelo, che tuono, che respingo i vostri sacrifici e protesto pubblicamente contro i vostri accoppiamenti. Dice, infatti, il piÙ esimio dei profeti, Isaia, e certamente parla lo Spirito Santo per bocca di Isaia:  «Ascoltate la voce del Signore, magistrati di Sodoma, prestate orecchio all'insegnamento del nostro Dio, popolo di Gomorra! PerchÈ a me l'abbondanza dei vostri sacrifici? dice il Signore. Sono sazio degli olocausti degli arieti e del grasso dei vitelli. Il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri non lo gradisco. Quando venite a presentarvi davanti a me, chi richiede da voi che calpestiate i miei atrii? Cessate di portare ablazioni inutili, l'incenso È per me un'abominazione, non sopporto i noviluni, i sabati e le altre festivitÀ , gli iniqui sono del vostro ceto. L'anima mia odia i vostri noviluni e le vostre solennitÀ , esse sono per me un peso, sono stanco di sopportarle! Quando tendete le vostre mani io chiudo i miei occhi davanti a voi. Anche quando moltiplicate la preghiera, io non ascolto, le vostre mani, infatti, sono piene di sangue »[1][97][1]. Guardate come, giustamente, la sentenza del rimprovero divino colpisca tutti i vizi, ma come venga lanciata soprattutto contro i magistrati di Sodoma e contro il popolo di Gomorra. CosÀ¬ l'audacia dei litigiosi si acquieti, se fra di loro ci fosse ancora qualcuno che non crede alla testimonianza umana che dimostra essere questo un vizio mortale, ora testimonia Dio.  
Se invece, qualcuno ci obbietta ciÒche È aggiunto nella citazione profetica:  «Le vostre mani sono piene di sangue », perchÈ vuole che si intenda l'oracolo della divina invenzione riferito piÙ all'omicidio che alla sozzura della carne, costui sappia che nei discorsi divini tutti i peccati sono chiamati sangue. Davide lo attesta dicendo:  «Liberami dal sangue, o Dio, Dio della mia salvezza »[1]
[98][1]. Ma tuttavia se cerchiamo, con solerzia, sia di esaminare la natura di questo vizio, sia di riportare alla memoria le parole della scienza della natura, scopriamo che la gonorrea ha origine dal sangue[1][99][1]. Come infatti, l'acqua del mare si trasforma in spuma per l'agitazione dei venti, cosÀ¬ toccando i genitali, il sangue È trasformato nell'umore del seme.
PerciÒnon sembra insensato ritenere che l'espressione  «le vostre mani sono piene di sangue » sia riferita alla malattia della lussuria. E ciÀ², forse, perchÈ la punizione di Gioab non fu dovuta ad altra colpa che all'aver sparso sangue, cosicchÈ colui che volontariamente aveva versato sangue altrui fosse colpito da una pena adeguata, anche se aveva sopportato contro la sua volontÀ  lo spargimento del suo stesso sangue. Ma poichÈ con questa lunga discussione siamo arrivati a dimostrare chiaramente che Dio stesso disapprova e dichiaratamente proibisce le offerte degli immondi, di che ci meravigliamo noi peccatori se siamo disprezzati per il nostro rimprovero? Se vediamo che il potere della voce divina È pesata poco dal cuore indurito dei malvagi, perchÈ ci meravigliamo se non siamo creduti noi che siamo terra?
XXII
<Del perchÈ nessuna sacra offerta che sia sporcata da peccati immondi piace a Dioñ
Chi disprezza i reverendi concili dei Santi Padri, chi tiene in poco conto i precetti degli apostoli e degli uomini apostolici, chi non teme di trascurare gli editti della legge canonica, chi sottovaluta il potere della stessa autoritÀ  divina, deve essere rimproverato perchÈ almeno riveda davanti agli occhi il giorno della sua vocazione e non dubiti che, quanto piÙ gravemente avrÀ  peccato, tanto piÙ duramente sarÀ  giudicato. Come dice l'angelo di Babilonia:  «Quanto di gloria e di sfarzo s'È ornata, altrettanto a lei date di lutto e tormento »[1][100][1]. Costui deve essere avvertito perchÈ sappia che, fino a quando continuerÀ  a cedere a questo vizio, anche se sarÀ  visto agire bene, tuttavia non meriterÀ  un premio. Nessuna religione, nessuna sana mortificazione, nessuna perfezione di vita È giudicata degna agli occhi del Giudice Supremo se È insozzata dai peccati di questa turpe lussuria.   
Comunque, la testimonianza del Venerabile Beda sarÀ  addotta come prova che quanto si È detto È vero. Egli dice:  «chi fa un'offerta non si libera della colpa, non redime l'anima che non si astiene dai vizi »[1]
[101][1]. Inoltre, egli lo conferma raccontando un fatto accaduto ad un eremita che viveva in compagnia di un certo suo confratello praticando molte virtÙ. A quest'ultimo il diavolo aveva suggerito che ogni volta che fosse stuzzicato dalla libidine si sfregasse i genitali per far uscire il seme, come se avesse dovuto espellere il muco dalle narici. Per questo motivo, morendo, costui venne consegnato ai demoni, sotto gli occhi del suo confratello. Questi, che ignorava il peccato dell'amico, riprese i suoi esercizi di virtÙ, ma siccome aveva perso quasi ogni speranza, diceva:  “Chi potrÀ  mai salvarsi se costui È morto in questo modo? ” Subito gli apparve un angelo che gli disse:  “Non turbarti, di lui infatti È manifesto che fece molte buone azioni, ma, per colpa di quel vizio che l'Apostolo chiama immondezza, macchiÒtutte le altre cose ”.
XXIII
<Del perchÈ tutti e quattro i comportamenti che abbiamo elencato prima sono sodomiañ
PerciÒnon si lusinghi colui che non pecca con un altro, se da solo cade nelle lussuriose contaminazioni dell'adescamento. Come si dice di quell'infelice eremita che si È abbandonato nel momento della morte ai demoni, benchÈ non si era macchiato con un altro, ma si era perso da solo per lussuria. Come infatti da un unico ceppo di vite germogliano diversi tralci, cosÀ¬ da una sola sporcizia sodomita, come una velenosissima radice, quei quattro ramoscelli, che abbiamo enumerato piÙ sopra, nascono, cosÀ¬ chiunque strappi il grappolo d'uva pestifero da uno qualunque di quelli, subito muore iniettato dal veleno.  «Dalle viti di Sodoma viene la loro vite, dalle piantagioni di Gomorra: la loro uva È uva velenosa, sono amari i grappoli loro »[1][102][1]. Questo serpente a quattro teste che ci sforziamo di uccidere con il bastone della nostra discussione, quando morse con il dente di una qualsiasi testa, subito infuse tutto il veleno della sua scelleratezza. PerciÀ², si insegna che sia chi contamina se stesso, sia chi contamina un altro toccandolo con le mani, o unendosi con lui fra cosce, o violandolo di dietro[1][103][1], anche se si mantiene una distinzione, senza dubbio siamo certi che ha commesso il peccato di Sodoma. Infatti, non si legge che quegli abitanti di Sodoma abbiano peccato solamente di dietro[1][104][1], ma piuttosto si deve credere che per l'impeto della sfrenata libidine, essi abbiano commesso atti turpi in diversi modi, su di sÈ o su altri. Certamente, se fosse indicato un luogo del perdono nella rovina di questo vizio, a chi spetterebbe piÙ adeguatamente la remissione se non a quell'eremita che peccÒsenza saperlo? Che cadde per via della semplice inesperienza? Che lo stimÒlecito come se fosse un fatto naturale? Imparino i miseri, imparino a trattenersi da questo detestabile vizio, a soggiogare virilmente la lascivia adulante della libidine, a reprimere gli stimoli petulanti della carne, a temere dal profondo il terribile giudizio della severitÀ  divina, ricordando sempre quella sentenza della minaccia apostolica, in cui si dice:  «Àˆ spaventoso cadere nelle mani del Dio vivente »[1][105][1]. Riflettendo anche con timore su quello che il profeta intona minacciosamente dicendo:  «PoichÈ dal fuoco dello zelo del Signore sarÀ  divorata tutta la terra e dalla sua spada tutta la carne »[1][106][1]. Se, infatti, gli uomini carnali devono essere divorati dalla spada divina, come possono ora amare in modo riprovevole quella carne? La spada, senza dubbio, È quella che Dio mostra ai peccatori mediante MosÈ, dicendo:  «AffilerÒla mia spada come folgore »[1][107][1]. E ancora:  «La mia spada, dice, divorerÀ  la carne »[1][108][1], cioÈ il mio furore inghiottirÀ  i viventi che si trovano nei piaceri della carne. Come, infatti, quelli che combattono contro i mostri dei vizi, sono rafforzati dall'aiuto della suprema virtÙ, cosÀ¬ quelli che sono dediti alla sporcizia della carne, essi soli sono riservati al diverso giudizio della divina punizione. Quindi, anche Pietro dice:  «Il Signore seppe salvare i buoni dalla prova e conservare i cattivi fino al giorno del giudizio per punirli, specialmente coloro che seguivano la carne nel desiderio di turpitudini »[1][109][1]. Rimproverando ancora questi, in un altro passo, dice:  «Ritengono delizia il piacere di un giorno e, luridi, si immergono nel piacere, facendo a voi buon viso con le loro seduzioni ingannevoli. Hanno gli occhi pieni di adulterio e di insaziabile peccato »[1][110][1]. NÈ meritano la gloria quelli che fanno parte del sacro ordine se vivono in modo esecrabile, poichÈ tanto piÙ in alto si elevano quanto piÙ in basso giacciono. E, siccome ora dovrebbero fare da guida ad altri conducendo una vita di santa convivenza, dopo sono costretti a sopportare i peggiori supplizi. Sappiamo, infatti, dalla voce di Pietro:  «Dio non perdonÒagli angeli che avevano peccato, ma, condannandoli al tartaro, li confinÒnelle fosse tenebrose perchÈ vi fossero trattenuti fino al giudizio. E condannÒalla rovina, incenerendole, le cittÀ  di Sodoma e Gomorra, dando un esempio agli empi di quanto accadrÀ  nei tempi futuri »[1][111][1]. PerchÈ il beato Apostolo, dopo aver parlato della caduta nella dannazione diabolica, si rivolge subito anche alla rovina di Sodoma e Gomorra, se non per mostrare apertamente che quelli che ora sono caduti nel vizio della sporcizia saranno condannati, allo stesso modo, alla punizione eterna con gli spiriti immondi? E quelli che ora sono tormentati dall'ardore della libidine sodomita, anche dopo, saranno bruciati dalla fiamma del fuoco eterno insieme all'autore di ogni malvagitÀ ? Con questa sentenza, anche l'apostolo Giuda È d'accordo, dicendo:  «E mise sotto custodia con catene eterne, nel buio dell'inferno, quegli angeli che non seppero conservare la loro dignitÀ  primigenia, ma abbandonarono la propria dimora, riservandoli per il giudizio del grande giorno: cosÀ¬ come Sodoma e Gomorra e le cittÀ  vicine che avevano prevaricato nello stesso modo, avendo seguito passionalmente una sessualitÀ  diversa da quella naturale, costituiscono un esempio ammonitore, soffrendo la pena del fuoco eterno »[1][112][1]. Àˆ chiaro, perciÒche come gli angeli non avendo osservato la propria dignitÀ  primigenia, meritarono il supplizio della tenebra eterna, cosÀ¬ quelli che dalla dignitÀ  dell'ordine sacro cadono nella voragine del vizio carnale, giustamente sono buttati nel baratro della dannazione eterna.
         E, per riassumere tutto brevemente, chiunque si sia insozzato con questa nefanda sporcizia, in qualunque modo lo abbia fatto, se non si sarÀ  purificato in modo soddisfacente con una ricca penitenza, non potrÀ  mai avere la grazia di Dio, non sarÀ  mai degno del corpo e sangue di Cristo, non supererÀ  la soglia della Patria celeste, come chiaramente l'apostolo Giovanni dichiara nell'Apocalisse. Egli, mentre parlava della gloria del regno celeste, aggiunge:  «Nulla d'impuro in essa entrerÀ  e neanche chi commette empietÀ  »[1]
[113][1].
XXIV
<Un'esortazione rivolta a colui che È caduto nel peccato con altri uomini affinchÈ risorgañ
Rialzati, rialzati, ti prego. Svegliati, o uomo che sei affondato nel torpore della misera voluttÀ . Rinasci finalmente tu che sei morto con la spada letale davanti ai tuoi nemici. L'apostolo Paolo È presente, ascoltalo mentre parla. Accusa, si agita e grida contro di te con parole famose:  «Svegliati tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo su di te risplenderÀ  »[1][114][1]. Tu che senti il Cristo che risuscita, perchÈ diffidi della tua risurrezione? Ascolta dalla sua stessa bocca:  «Chi crede in me, anche se muore, vivrÀ  »[1][115][1]. Se la vita vivificatrice cerca di alzarti, perchÈ tu continui ulteriormente a giacere nella tua morte? Bada, bada quindi, che il baratro della disperazione non ti assorba. La tua mente attinga fiduciosamente dalla pietÀ  divina perchÈ essa, rimanendo impenitente, non si indurisca a causa della gravitÀ  del peccato. Disperare non È dei peccatori, ma degli empi. Non È la gravitÀ  dei peccati che fa cadere l'anima nella disperazione, ma la scelleratezza. Se, infatti, il diavolo puÒtanto da farti sprofondare in questo vizio, Cristo È molto piÙ potente e ti puÒriportare alla cima da cui sei caduto.  «Colui che ha peccato, non desidera forse rialzarsi? »[1][116][1]. L'asino cadde nel fango sotto il peso del tuo corpo; È lo stimolo della penitenza che stuzzica, È la mano dello spirito che con forza fa rialzare. Il fortissimo Sansone, che, stupidamente, svelÒil segreto del suo cuore ad una donna attraente, non solo perse le sette trecce da cui traeva la sua forza, ma fu fatto anche preda di Allophylis e perse la vista. Poi, quando ormai i capelli erano ricresciuti, chiese umilmente l'aiuto del Signore Dio. AbbattÈ il tempio di Dagon e uccise molti piÙ nemici di quanti ne avesse uccisi prima[1][117][1]. Se perciÒla tua carne svergognata ti ingannÀ², ammaliandoti con le sue mollezze, se ti portÒvia i doni dello Spirito Santo, se ti spense il lume non dell'intelligenza ma del cuore, non ti avvilire nell'animo, non disperare del tutto, raccogli ancora le tue forze, scuotiti con vigore e mettiti alla prova con le cose forti, cosÀ¬, attraverso la misericordia di Dio, potrai trionfare sui tuoi nemici. I Filistei poterono tagliare i capelli a Sansone, ma non di certo strapparglieli, cosÀ¬ anche gli spiriti iniqui potrebbero tenere lontani da te, per un certo tempo, i doni dello Spirito Santo, ma tuttavia a evitare per sempre il rimedio della riconciliazione divina. Come, ti scongiuro, puoi disperare della grandissima misericordia di Dio, se anche il Faraone dimostra che dopo il peccato non ricorre al rimedio della penitenza? Ascolta ciÒche ti dice:  «Ho spezzato il braccio di Faraone, re d'Egitto, non ha implorato perchÈ gli si desse aiuto e gli si restituisse la forza per riprendere la spada »[1][118][1]. Che cosa dirÒdi Acab, re d'Israele? Lui che dopo aver costruito idoli, dopo aver trucidato empiamente Naboth di IzreÈl, se da una parte fu umiliato, dall'altra ottenne la misericordia. Testimonia, infatti, la Scrittura che, avendo avuto paura della condanna divina,  «strappÒla veste e sparse il suo corpo di cilicio, si coricÒcon il sacco e si mise a camminare dimesso »[1][119][1] Che cosa successe dopo queste cose?  «La parola del Signore fu rivolta ad Elia il tisbita in questi termini: hai visto come Acab si È umiliato al mio cospetto? Dal momento che egli si È umiliato di fronte a me, io non farÒvenire il male durante la sua vita ».[1] [120] PerciÒse la penitenza di colui che per nulla perseverÀ², non viene disprezzata, perchÈ tu diffidi della generositÀ  della misericordia divina, se infaticabilmente ti sforzi di perseverare? Stabilisci anche tu un assiduo combattimento contro la carne, poniti fermamente armato contro la rabbia importuna della libidine. Se la fiamma della lussuria brucia le ossa, subito il pensiero del fuoco eterno la spegne. Se l'esperto insidiatore suscita la bellezza incerta della carne, subito la mente volge lo sguardo ai sepolcri dei morti e allora pone mente con sollecitudine a ciÒche si scopre soave al tatto e piacevole allo sguardo.[1] [121]
         Si consideri perciÒche la malattia che ora puzza insopportabilmente, che il marcio che genera vermi e se ne nutre, che ogni polvere, ogni arida cenere che ora si vede giacere lÀ¬, un tempo allietava a tal punto la carne da sottometterla, nella sua freschezza, alle passioni. Si valutino, quindi, i rigidi muscoli, i denti nudi, la rotta impalcatura delle ossa e delle articolazioni, i legami completamente distrutti di tutte le membra. Àˆ cosÀ¬, sÀ¬ cosÀ¬ informe e di immagine confusa, il mostro che ruba il prestigio al cuore umano. Pensa, perciÀ², quanto sia pericoloso il cambiamento, perchÈ, grazie ad un solo momento di piacere che È sufficiente per far uscire il seme, ne segue una pena che non si esaurisce nell'arco di mille anni. Medita quanto sia triste che per colpa di un solo membro, di cui ora il desiderio si sazia, tutto il corpo con l'anima in seguito viene tormentato in perpetuo nelle fiamme atroci dell'inferno. Combatti i mali imminenti con gli studi tanto impenetrabili delle meditazioni, distruggi il passato con la penitenza. Il digiuno rompa la superbia della carne, la mente si nutra con i cibi dell'assidua preghiera. In questo modo, quindi, lo spirito presule costringa la carne sottomessa con il freno della disciplina[1] [122] e cerchi di affrettarsi ogni giorno verso la Gerusalemme celeste lungo i gradini del fervente desiderio.
 
XXV
<Del perchÈ sia sufficiente conservare i doni della castitÀ  per domare completamente la libidineñ
La ricompensa per questa fatica È che tu continuamente guardi ai premi promessi a colui che È casto e, allettato dalla loro dolcezza, tu possa superare con il piede libero della fede qualunque scaltrezza che l'esperto insidiatore usi contro di te. Se, infatti, si volge l'attenzione alla beatitudine, alla quale non si attinge senza cambiamento, diventa piÙ leggera la fatica della trasformazione e il fornicatore ammaestrato allevia il dolore del travaglio attendendo avidamente la ricompensa che si merita per la fatica. Valuta quindi ciÒche viene detto dei soldati della castitÀ  dalla bocca del profeta:  «CosÀ¬ parla il Signore: agli eunuchi che osservano i miei sabati, che prediligono ciÒche È di mio gusto, che tengono fermamente alla mia alleanza, darÒloro nella mia casa un nome e, dentro le mie mura, un monumento migliore dei figli e delle figlie ».[1] [123] Gli eunuchi, infatti, sono quelli che reprimono gli impeti insolenti della carne e si tolgono di dosso il motivo della malvagia attivitÀ . La maggior parte di quelli che sono al servizio della voluttÀ  dell'attrazione carnale desiderano lasciare dopo di sÈ la memoria del loro nome attraverso i posteri. E lo desiderano con tutta la mente perchÈ pensano di non essere del tutto morti a questo mondo se i superstiti della loro prole trasmettono il nome attraverso la discendenza. Ma i celibi ricevono la stessa ricompensa, che gli uomini del volgo bramano tanto, in modo molto piÙ insigne e molto piÙ felice perchÈ, grazie a quel dono, vivrÀ  per sempre il ricordo di loro, cosa che non ha il potere di fare nessuna legge temporale. PerciÒla legge divina promette agli eunuchi un nome migliore che ai figli e alle figlie perchÈ la memoria del nome che la posteritÀ  dei figli avrebbe potuto estendere, ma per un breve periodo di tempo, questi meritano di ottenere per sempre senza il pericolo di essere dimenticati:  «In memoria eterna sarÀ  il giusto ».[1] [124] E ancora, per bocca di Giovanni si dice nell'Apocalisse:  «Cammineranno con me in vesti bianche, perchÈ ne sono degni e non cancellerÒi loro nomi dal libro della vita ».[1] [125] Qui, si dice ancora:  «Questi sono coloro che non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini. Costoro sono quelli che seguono l'Agnello ovunque egli andrÀ  »[1] [126] e  «che cantano quel cantico che nessuno puÒcomprendere, se non i centoquarantaquattromila ».[1] [127] Certamente, le vergini cantano all'Agnello un cantico singolare poichÈ esultano con questo dinanzi a tutti i fedeli, anche sulla purezza della carne. Àˆ evidente che gli altri giusti non possono comprendere, benchÈ posti nella stessa beatitudine, ma meritino soltanto di sentire. Infatti, grazie alla caritÀ , essi guardano senza dubbio volentieri l'altezza di quelli, tuttavia non assurgono agli stessi premi. Per questo motivo, si deve valutare e nella nostra mente si deve meditare con ogni cura quanta dignitÀ  e quanta eccellenza in quella beatitudine sia al sommo grado. LÀ¬ dove la massima felicitÀ  È essere ultimi, lÀ¬ dove È cosa bellissima salire ai gradi piÙ alti del privilegio e conservare le leggi patrie di giustizia. Senza dubbio, come dice la VeritÀ , non tutti comprendono questo discorso in questa vita,[1] [128] allo stesso modo come non tutti raggiungono in futuro quella gloria della somma ricompensa.
         Queste cose e molte altre simili, o carissimo fratello, chiunque tu sia, valuta negli angoli segreti della tua mente e cerca con tutte le tue forze di conservare la tua carne immune da ogni contagio della libidine. CosicchÈ, secondo la dottrina apostolica, tu sappia mantenere  «il tuo corpo in santitÀ  e onore, non nella passione del desiderio, come fanno i pagani che ignorano Dio ».[1] [129] Se fino ad ora sei rimasto in piedi, bada al precipizio,[1] [130] se tu sei caduto, tendi fiduciosamente la mano all'ancora della penitenza, che ovunque È a disposizione. CosicchÈ tu che non sei riuscito ad allontanarti dai Sodomiti con Abramo, riesca almeno a migrare con Loth, perchÈ urge ormai l'eccidio dell'imminente incendio. Se non hai avuto la forza, incolume su una nave, di avvicinarti al porto, È sufficiente che tu non sia naufragato nei profondi flutti. Se non senza rinuncia ti sei meritato di raggiungere i lidi, dopo il pericolo, abbandonato sulla rena, ti piaccia cantare con voce alacre quel canto del beato Giona:  «Tutte le tue correnti impetuose e il tuo torrente mi avevano travolto e io dissi: sono stato cacciato dalla tua presenza, eppure continuerÒa guardare verso il tuo santo tempio ».[1] [131]
 
XXVI
<Qui lo scrittore probabilmente si scusañ
Se veramente questo libello giungesse nelle mani di qualcuno minimamente aiutato dalla coscienza, innanzitutto, dopo aver compreso le cose che dico, se ne dispiacerebbe e mi indicherebbe come traditore e delatore del peccato di un fratello. Egli saprebbe che io ho cercato di esprimere con tutta la cura possibile l'entusiasmo del mio Giudice interiore e che io non temo gli odi dei cattivi o le lingue dei detrattori. Preferisco, senza dubbio, aver gettato un innocente nella cisterna di Giuseppe, che accusÒpresso il padre i suoi fratelli di un pessimo delitto,[1] [132] piuttosto che essere punito dalla vendetta del furore divino con Heli che vide i mali dei figli e tacque.[1] [133] Quando, infatti, la voce divina minaccerÀ  terribilmente per bocca del profeta, dicendo:  «Se hai visto tuo fratello comportarsi iniquamente e non lo avrai rimproverato, richiederÒil suo sangue dalla tua mano ».[1] [134] Chi sono io perchÈ veda svilupparsi nel sacro ordine un delitto tanto contagioso e perchÈ, come un omicida dell'anima altrui, veda nascondere la censura con il silenzio, aspettando la punizione divina? In questo modo non diventerei il responsabile di quel reato di cui non ho voluto mostrare l'autore? E quando la Scrittura dice:  «Maledetto chi trattiene la sua spada dal sangue »,[1] [135] esorta me che ho riposto la spada della mia lingua nella guaina del silenzio e che perisce con me mentre contrae la ruggine dell'insuccesso e non È di alcuna utilitÀ  perchÈ non trafigge le colpe dei viventi. Senza dubbio, trattenere la spada dal sangue È un'ammonizione a contenersi dalle percosse della vita carnale. Al contrario, della spada si dice:  «Dalla bocca usciva una spada affilata da entrambe le parti ».[1] [136] Infatti, avrei forse a cuore il mio prossimo come me stesso, se guardassi negligentemente peggiorare nel suo cuore quella ferita indubbiamente mortale? Vedendo, perciÀ², le ferite delle menti, trascuro di curarle con il taglio delle parole? Il sommo predicatore non mi insegna forse questo, lui che si credette cosÀ¬ pulito del sangue del prossimo da non risparmiare di colpire i loro vizi? Egli dice:  «Oggi io vi chiamo a testimoni del fatto che io sia pulito del sangue di tutti, infatti, non ho trascurato di annunziarvi tutta la volontÀ  di Dio ».[1] [137] Non È cosÀ¬ che mi insegnÒGiovanni che venne consigliato dall'ammonizione dell'Angelo:  «Chi ascolta queste cose dica: vieni »?[1] [138] Senza nessun dubbio, colui al quale si fa sentire la voce interiore porti con sÈ gli altri, anche gridando, lÀ  dove egli stesso È portato, affinchÈ, se a colui che È chiamato il vuoto si avvicina, si affretti per non trovare le porte chiuse. Se, dunque, ritieni che io sia determinato nel rimproverare chi È da rimproverare e, cosÀ¬ come dico, nel biasimare con la presunzione del biasimo, perchÈ non rimproveri anche Geronimo che discute tanto aggressivamente contro le sette degli eretici? PerchÈ non diffami Ambrogio che predica pubblicamente contro gli Ariani? PerchÈ non denigri anche Agostino, austero disputatore, che inveisce contro i Manichei e i Donatisti? Tu mi dirai: quelli lo fanno, seguendo la legge, contro gli eretici e i blasfemi, tu invece osi pungere i Cristiani.
         A questo io brevemente rispondo che, come quelli si sforzavano di riportare all'ovile chi ne era uscito e vagava errante, cosÀ¬ È anche nostra intenzione di frenare coloro che in qualunque modo sono diversi, affinchÈ non escano dall'ovile. Quelli dicevano:  «Essi sono usciti da noi, ma non erano dei nostri; se infatti fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi ».[1] [139] E noi diciamo: senza dubbio sono con noi, ma nel modo sbagliato. Applichiamoci, dunque, se È possibile, affinchÈ in seguito siano nel modo giusto con noi. Aggiungiamo anche che, se la bestemmia È pessima, non so come faccia ad essere migliore la sodomia. La prima, infatti, fa sbagliare l'uomo, la seconda morire. Quella allontana l'anima da Dio, questa la unisce al Diavolo. Quella espelle dal Paradiso, questa affonda nella tenebra. Quella acceca gli occhi della mente, questa spinge nella voragine della rovina. E se ci diamo da fare ad indagare sottilmente quale dei due peccati pesi di piÙ sulla stadera dell'esame divino, esaminando la Sacra Scrittura, essa ci istruirÀ  ampiamente a riguardo. Di conseguenza, se i figli di Israele, che bestemmiavano Dio e fabbricavano idoli, sono stati mandati in esilio, i Sodomiti, invece, sono stati uccisi dall'incendio provocato dal fuoco e dallo zolfo mandati dal cielo.[1] [140] Inoltre, io non citai i santi dottori per paragonare questo tizzone fumante alle stelle, anzi, io a fatica e con le mie labbra indegne menziono quegli eccellentissimi uomini, ma desidero farlo ugualmente perchÈ proprio loro agirono correggendo e confondendo i vizi, per poi istruire anche i piÙ giovani perchÈ anche loro lo facessero. Se questa peste fosse nata al tempo di quei dottori con pari sfrontatezza di libertÀ , crediamo, senza alcun dubbio, che oggi ci sarebbero ampi volumi scritti contro di essa.      
Nessuno, quindi, mi giudichi mentre predico contro questo vizio mortale: io non cerco l'insulto ma piuttosto il profitto della salvezza fraterna perchÈ non sembri che correggendo chi È da correggere, favorisca il delinquente. Ma È come dico usando le parole di MosÈ:  «Chi È per il Signore, a me! ».[1]
[141][1] Àˆ evidente che chi si riconosce soldato di Dio, deve impegnarsi con fervore a cancellare questo vizio, non deve mai smettere di combatterlo con tutte le sue forze: e ovunque trovi qualche peccatore, si sforzi di trafiggerlo e trucidarlo con le frecce acuminate delle parole, affinchÈ, mentre il tiranno viene circondato da un fitto esercito disposto a forma di cuneo, il prigioniero venga liberato dalle catene della sua schiavitÙ. Una voce all'unisono grida contro quel tiranno e colui che era stato rapito, subito arrossisce per essere caduto nelle mani del furente mostro. Chi È convinto che questo peccato trascini alla morte, come testimoniano i piÙ, ritorni in se stesso e non sia pigro nel ritornare al piÙ presto alla vita.
 
XXVII
<Qui il sermone viene indirizzato al Papañ
Ora, invece, Papa beatissimo, ricorriamo a te, in calce a questo opuscolo. Noi indirizziamo a te l'argomento di questa questione e cosÀ¬ come all'inizio dello svolgimento, anche alla fine dell'opera, come conviene ci rivolgiamo a te. Chiediamo e, umilmente, imploriamo affinchÈ con la vostra clemenza, se È lecito dirlo, esaminiate sollecitamente i decreti dei sacri canoni, benchÈ a voi, senza dubbio, siano conosciutissimi; affinchÈ chiamiate uomini spirituali e prudenti per compiere questo necessario esame, affinchÈ ci risponda, riguardo a questi capitoli, in modo da togliere ogni dubbio dal nostro cuore. E non intendiamo, certamente, dire con questo che la vostra competenza approfondita, essendovi data da Dio, non sia sufficiente per esaminare questo problema, ma siamo convinti che, ricorrendo all'autoritÀ  sacra e mostrando, quindi, il parere e il consenso della maggioranza, le lamentele di quegli uomini perversi che altrimenti non arrossirebbero nel reclamare, si calmeranno. Non È facile, infatti, affrontare, il lamento di molte persone. Spesso, poi, quella sentenza che, secondo il parere di uno, È scaturita da una giusta valutazione della legge, da un altro È considerata un pregiudizio.
         PerciÀ², in base ai quattro tipi di questo vizio, che abbiamo enumerati e diligentemente analizzati prima, sua beatitudine mi voglia benignamente indicare con una pagina decretale, chi fra i colpevoli di queste cose debba essere irrevocabilmente allontanato dall'ordine ecclesiastico e chi, tenendo conto, certamente, della diversitÀ  [dei peccati], possa ricoprire misericordiosamente questo ufficio. Specificando in quale modo, fra quelli detti sopra, e con quanti sia lecito a ciascun peccatore rimanere nella dignitÀ  ecclesiastica; come, invece, e con quanti, se sia stato contaminato, quel peccatore debba essere espulso per la necessitÀ  detta.
         Da ciÒche si rivolge ad uno solo, molti malati della stessa ignoranza vengano istruiti, la luce della vostra autoritÀ  cancelli le tenebre della nostra ambiguitÀ , e, cosÀ¬ come spero, la spada della sede apostolica sradichi del tutto il germe di ogni errore dalla vacillante coscienza.
         Voglia il Signore Onnipotente che durante il vostro apostolato, o reverendissimo Padre, sparisca del tutto il mostro di questo vizio e che la Chiesa che ora giace corrotta risorga da ogni parte ai diritti del suo vigore.
loro il salmista dice:  «Dio mio, falli girare come una ruota »[1][34][1]. E ancora:  «Gli empi vagano in cerchio »[1][35][1]. Su questi anche Paolo, dove dice quelle parole famose ricordate sopra, poco dopo aggiunge:  «Quelli che commettono queste cose sono degni di morte e non solo quelli che le fanno, ma anche quelli che approvano chi le fa »[1][36].
         Chiaramente, chi non viene svegliato da questo terribile tuono dell'invettiva apostolica, senza dubbio deve essere considerato morto, non addormentato. E se l'Apostolo eleva con tanta passione la sua severa sentenza di biasimo, non contro i Giudei, comunque fedeli, ma contro i Gentili e quelli che ignorano Dio, mi chiedo che cosa avrebbe detto se si fosse accorto che questa ferita marciva proprio nel corpo della santa Chiesa? Soprattutto, quale dolore, quale pio ardore di compassione avrebbe acceso quel petto se avesse saputo che questa peste mortale infuriava anche nell'ordine sacro! Ascoltino gli inoperosi ecclesiastici e i superiori dei sacerdoti, ascoltino, e se il loro comportamento glielo permette, siano tranquilli, gli altri abbiano invece molta paura di essere partecipi del reato. [Vale a dire] certamente quelli che chiudono gli occhi davanti ai peccati da correggere dei subordinati e che, con il loro sconsiderato silenzio, danno il permesso ai subalterni di peccare. Ascoltino, aggiungo, e riflettano saggiamente poichÈsono degni di morte non solo quelli che fanno queste cose, ma anche quelli che approvano chi le fa[1][37][1].
VII
<Dei rettori delle chiese che si sono contaminati con i loro figli spiritualiñ
O inaudita scelleratezza! O ingiuria tanto grave da meritare il pianto di tutta una fontana di lacrime! Se quelli che permettono agli altri di commettere questi peccati meritano la morte, quale supplizio si potrebbe escogitare degno di quelli che compiono con i loro figli spirituali queste nefandezze, punibili con la dannazione eterna? Quale frutto si puÒtrovare nel gregge se il pastore È caduto tanto profondamente nel ventre del diavolo? Chi rimane ormai sotto la guida di uno che È, in modo tanto ostile, estraneo a Dio? Che fa di un penitente l'amante, di un maschio la moglie? E che sottomette quel figlio, che aveva generato spiritualmente da Dio, rendendolo schiavo della ferrea legge diabolica mediante l'impuritÀ  della sua carne? Per chi viola la donna che lui stesso sollevÒdal fonte battesimale, non È forse previsto dai sacri canoni che, senza alcuna perplessitÀ , costui venga privato della comunione e faccia pubblica penitenza?[1][38][1] Infatti sta scritto: È piÙimportante la generazione spirituale di quella carnale. Ma chi accoglie nell'ordine ecclesiastico uno che viene dal secolo, quasi allo stesso modo di chi abbia battezzato o di chi abbia sollevato uno dal fonte battesimale, ha generato un figlio spirituale a Dio. PoichÈl'istituzione dell'ordine canonico È una rinuncia al secolo, essa È, in un certo senso, un secondo battesimo[1][39][1]. Di conseguenza, la stessa punizione venga inflitta sia a chi ha rovinato la figlia carnale, sia a chi ha contaminato il figlio spirituale mediante un'unione sacrilega e anche chi ha macchiato quel chierico che lui stesso ha ordinato[1][40],[1] a meno che, in questo caso, non si distingua la qualitÀ  del peccato, perchÈentrambi sono considerati incestuosi, tuttavia quello che ha peccato con una donna ha seguito la natura, quello che ha compiuto l'oscenitÀ  nel chierico, ha commesso un sacrilegio nel figlio, È caduto nel crimine dell'incesto, ha violato nel maschio le leggi di natura. Inoltre, a me, sembra piÙtollerabile essere lussuriosi con un animale piuttosto che con un uomo. Senza dubbio, chiunque pecchi da solo viene giudicato piÙleggermente di colui che trascina con sÈnella morte anche l'altro. Si crea davvero una situazione miserabile quando il peccato di uno pesa tanto sull'altro da far sÀ¬ che, mentre il primo si rovina, il secondo necessariamente lo segue nella morte.
VIII
<Di quelli che confessano i loro peccati agli stessi con cui hanno peccatoñ
Non rimangano nascoste le trame della macchinazione diabolica, bensÀ¬, sia rivelato, quantunque io impallidisca, ciÒche si trama, in segreto, nell'officina del demonio. Non sopporterÒche rimanga nascosto il comportamento di questi che, senza dubbio sono completamente avvelenati da questo crimine. Quando ritornano in sÈ, si confessano fra di loro affinchÈdi questa scelleratezza non giunga notizia ad altri. Mentre essi fanno arrossire il volto degli uomini, gli autori di questo reato diventano giudici di se stessi. Ciascuno gode nell'elargire quella indiscreta indulgenza che, per mezzo dello scambio con l'altro, brama di veder applicata a se stesso. CosÀ¬ accade che, pur essendo in penitenza per peccati gravissimi, i loro visi non impallidiscono per il digiuno e i loro corpi non si consumano nella magrezza; mentre il loro ventre non si restringe per la scarsa quantitÀ  di cibo ingerito, l'animo turpemente si infiamma nell'ardore della consueta libidine. Tutto questo fa sÀ¬ che quelli che non avevano ancora pianto per i peccati commessi, nel frattempo ne hanno compiuti di peggiori per cui piangere.  
Secondo un precetto della legge, chi ha la lebbra lo deve dire ai sacerdoti, ora, invece, non viene detto ai sacerdoti ma piuttosto ad un altro lebbroso, cosicchÈl'immondo confessa all'immondo la comune corruzione. Ma poichÈla confessione È anche una manifestazione, che cosa, mi domando, manifesta chi racconta ciÒche giÀ  È conosciuto da chi lo ascolta? In base a che cosa quella viene chiamata confessione se il confidente non rivela nulla che non sia giÀ  noto al confessore? In base a quale legge, in base a quale diritto, chi È stretto dal legame del peccato commesso insieme, puÒassolvere l'altro? Infatti, inutilmente si adopera ad assolvere un altro chi, a sua volta, È intrappolato nelle stesse catene. E chi vuole far da guida al cieco, È necessario che veda per evitare di diventare, per chi lo segue, il responsabile della sua rovina, come dice la voce della VeritÀ :  «Se un cieco fa da guida ad un cieco, tutti e due cadranno nella fossa »[1]
[41][1], e ancora:  «PerchÈosservi la pagliuzza che sta nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che sta nel tuo?[1][42][1] Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello »[1][43]  
In questi passi evangelici È annunciato molto chiaramente che chi È schiacciato nelle tenebre del suo peccato, invano tenta di richiamare l'altro alla luce della penitenza. E, se quello non teme di perire nel condurre l'altro fuori strada, sopravvalutando le proprie forze, nello stesso tempo, chi lo segue non puÒsfuggire alla fossa della rovina.
IX
<Del perchÈil violatore della monaca, cosÀ¬ come il profanatore del monaco, debba essere deposto secondo la leggeñ
Ormai mi incontro con te faccia a faccia, o sodomita! Ti rifiuti forse di confessare ai padri spirituali i peccati che hai commesso perchÈtemi di decadere dall'ordine ecclesiastico? Non sarebbe stato meglio che tu sopportassi coraggiosamente la vergogna umana davanti agli uomini piuttosto che subire la punizione eterna del Giudice Supremo? Tu forse mi ribatterai:  “Se un uomo ha peccato con un altro uomo solamente fra le cosce, deve fare senza dubbio la penitenza, ma considerando la pia benevolenza, non deve essere rimosso irrevocabilmente dall'ordine! ”. Io ti chiedo: se un monaco ha peccato con una ragazza consacrata a Dio, costui, secondo il tuo giudizio, deve rimanere nel suo grado? Ma tu senza dubbio, ritieni che un uomo cosÀ¬ sia da deporre. Ne segue quindi che, ciÒche tu sostieni, e giustamente, per la monaca, lo devi ammettere anche per il monaco. Per questo motivo, ciÒche tu sembri dichiarare sui monaci, lo devi stabilire anche per i chierici. Tuttavia, mantenendo, come si È detto, questa distinzione  — poichÈquesto peccato È considerato tanto peggiore in quanto ritenuto contro natura a causa dell'identitÀ  dei sessi, e poichÈnella legge sempre si prende in considerazione la volontÀ  del peccatore  —, chi ha contaminato le cosce maschili farebbe con un maschio tutto ciÒche si fa con le donne, se la natura lo permettesse, a causa dell'insania provocata dalla sfrenata libidine. Ha fatto ciÒche ha potuto, giungendo fino a queste cose che la natura ha negato. E, anche se controvoglia, ha fissato la meta del crimine lÀ¬ dove la necessitÀ  di natura ha posto il termine insuperabile della possibilitÀ .   
PerciÀ², siccome la stessa legge vale per entrambi i sessi dei monaci, concludiamo che È necessario che come il violatore della monaca È deposto per legge, cosÀ¬ anche il profanatore del monaco, secondo le stesse regole, venga allontanato dal suo ufficio.
X
<Del perchÈchi ha peccato con la figlia carnale o battesimale sia colpevole della stessa colpa di chi si È contaminato con il figlio di penitenzañ
La disputa si rivolga ancora contro i sacri, cioÈ esecrabili, confessori. Se un prete, che È un canonico, ha peccato con una donna, a cui ha assegnato, almeno una volta, la penitenza non c'È dubbio che debba essere degradato dalla censura del giudizio sinodale. Se invece ha peccato con un presbitero o con un chierico di un ordine simile al suo, per il quale sicuramente o È stato giudice nell'assegnargli la penitenza o da cui È stato giudicato nel riceverla, non ha forse disonorato il suo ordine, come suggerisce la giustizia? Infatti, secondo la consuetudine popolare, si puÒdire figlio di penitenza come figlio di battesimo. Infatti, anche dell'evangelista Marco si legge:  «PoichÈÈ figlio di Pietro nel battesimo »[1][44][1], e l'egregio predicatore dice:  «Cristo infatti non mi mise a battezzare ma ad evangelizzare »[1][45][1] poi aggiunge  «Qual È infatti la mia gloria davanti al Signore? Non siete forse voi?[1][46] In GesÙCristo, infatti, attraverso il vangelo io vi ho generati »[1][47][1]. Al contrario, ai Galati dice:  «Figlioli miei che faccio nascere dinuovo, affinchÈCristo si formi in voi »[1][48][1]. Se perciÒquello ha generato, quello ha fatto nascere nuovamente, quello non È stato mandato per battezzare ma per evangelizzare, e quindi per stimolare alla penitenza, giustamente si puÒchiamare figlio chi riceve la penitenza e padre chi la impone. Quindi, se le cose dette prima, vengono osservate con precisione, È piÙchiaro della luce che È colpevole dello stesso crimine sia chi ha peccato con la figlia battesimale, sia chi ha compiuto oscenitÀ  con il figlio di penitenza. E come chi ha peccato con quella che generÒcarnalmente o che sollevÒdal fonte sacro, o a cui ha comminato la penitenza, cosÀ¬ anche chi con il figlio di penitenza È scivolato nella sozzura, È giusto che assolutamente venga allontanato dall'ordine per mano di chi lo amministra.
XI
<Dei canoni apocrifi che ingannano chiunque confidi in essiñ
Siccome ai sacri canoni sono mescolate alcune cose ingannevoli nelle quali gli uomini smarriti confidano con vana presunzione, ne inseriamo qui alcune per mostrare quanto siano false e del tutto apocrife, e non solo queste ma anche tutte quelle scritte in modo simile, ovunque vengano ritrovate. Fra le altre cose dicono:        
1) un prete, senza voto monacale, che pecca con una fanciulla o con una prostituta, faccia penitenza mangiando sempre pane secco per due anni e per tre Quaresime, il lunedÀ¬, il mercoledÀ¬, il venerdÀ¬ e il sabato[1]
[49].
         2) se pecca con una servitrice o con un servitore di Dio si aumenti il digiuno  — fino a cinque anni, se la cosa È abituale[1][50][1].        
3) la stessa penitenza vale per i diaconi, se non sono monaci, per due anni, come anche per i monaci che sono senza grado[1]
[51]
Poco dopo viene aggiunto:  
4) il chierico, senza voto monacale, che ha peccato con una fanciulla faccia penitenza per mezzo anno; lo stesso vale per il canonico; se hanno peccato frequentemente, per due anni[1]
[52]  
5) ugualmente se si È peccato come i Sodomiti, alcuni assegnano dieci anni di penitenza; chi lo fa abitualmente, deve essere punito ancora di piÙ; se ha un grado ecclesiastico, deve essere degradato e fare penitenza come un laico[1]
[53].
         6) un uomo che ha commesso una fornicazione femorale, si penta per un anno, se lo ha rifatto, per due anni[1][54].
         7) se ha commesso una fornicazione anale, si penta per tre anni; se È un ragazzo, per due anni[1][55].
         8) se ha fornicato con un animale o con un mulo, si penta per dieci anni[1][56]        
9) un vescovo che pecca con un animale faccia penitenza per dieci anni e abbandoni il grado; un prete per cinque anni, un diacono per tre anni, un chierico per due anni[1]
[57]
         Molte altre cose false e sacrileghe si trovano inserite fra i canoni sacri dall'astuzia del diavolo, cose che È preferibile per noi cancellare piuttosto che scrivere, sputarci sopra piuttosto che imprimere sulla carta beffe tanto inconsistenti. Ecco, in questi vaneggiamenti, confidano gli uomini carnali, danno fede a queste fiabe che sono come dei sogni e si ingannano con la sicurezza della vana speranza. Ma vediamo se queste fiabe corrispondono all'autoritÀ  canonica, se sono da prendere in considerazione o da scartare. Io le renderÒnote, non tanto per le parole che dicono quanto per le situazioni che attestano.
XII
<Probabile confutazione dei canoni suddettiñ
Tornando all'inizio di questo capitolo capzioso, leggiamo: se un prete, che non ha fatto voto di monaco, pecca con una fanciulla o con una prostituta, si penta per due anni. Ma chi È tanto stupido, tanto pazzo da credere alla penitenza di due anni per il prete colto nel peccato? Chiunque, infatti, abbia una minima conoscenza dell'autoritÀ  canonica o una buona conoscenza, evitiamo di dare i giudizi piÙseveri, riconosce chiaramente che per il prete caduto nel peccato, la penitenza deve essere almeno di dieci anni. Inoltre, la penitenza di due anni per la fornicazione non deve essere applicata ai sacerdoti ma neanche ai laici, i quali da questa rovina passano velocemente al compimento della penitenza; per loro la pena È di tre anni. In seguito si aggiunge: (2)  «Se avrÀ  peccato con una servitrice o un servitore di Dio, si aumenti il digiuno - fino a cinque anni, se la cosa È abituale », (3) «la stessa penitenza vale per i diaconi, se non sono monaci, per due anni, come anche per i monaci che sono senza grado ». Io guardo alacremente e rivolgo con piacere l'attenzione all'inizio di questa sentenza, senza dubbio si dice questo:  «se con una servitrice o un servitore di Dio ». Ecco, o buon sodomita, in questo tuo scritto, che ti piace in modo particolare, che abbracci avidamente, che metti avanti a te a guisa di scudo difensivo, tu dichiari apertamente che non c'È alcuna differenza se si pecca con una servitrice o un servitore di Dio. A paritÀ  di peccato deve essere assegnata una penitenza uguale. Ormai non c'È piÙniente per cui tu possa combattere con me, niente per cui tu possa dissentire con le mie incriminazioni, secondo la legge.     
Ma chi È cosÀ¬ tanto fuor di senno, chi È sprofondato cosÀ¬ tanto nelle tenebre da stabilire la penitenza di cinque anni per un prete che ha peccato con un'ancella di Dio, cioÈ con una religiosa, e di due anni per un diacono o per un monaco? Questo non È forse un cappio insidiatore per coloro che sono perduti? Non È un laccio per le anime erranti? Inoltre, come si puÒnon disapprovare che (4)  «il chierico, senza voto monacale, che ha peccato con una fanciulla deve fare penitenza per mezzo anno »? E chi È tanto esperto nella conoscenza della Sacra Scrittura e tanto ferrato nell'acume della sottigliezza dialettica, da non pensare di condannare questa legge con un'altra legge e, lodevolmente, il giudicabile pregiudizio di un'autoritÀ  detestabile? In base a che cosa si commina al laico una pena di tre anni e al chierico di mezz'anno? Quindi, sono fortunati i chierici peccatori se vengono giudicati dall'arbitrio dei sodomiti: certamente la stessa misura con cui giudicano gli altri desiderano che sia usata per loro.    
A sufficienza, questo autore di errori È stato avido nell'acquistare anime per il diavolo, lui che, mentre si ingegnava a rovinare i monaci, estendeva i dogmi della sua perversione all'ordine dei chierici. Inoltre, questo omicida di anime, quando non ha potuto riempire completamente lo stomaco della sua malizia solo con la morte dei chierici, ha bramato di saziarsi anche nell'altro ordine.        
Poi, segue questo: (5) «se si È peccato come i Sodomiti, alcuni assegnano dieci anni di penitenza; chi lo fa abitualmente, deve essere punito ancora di piÙ; se ha un grado ecclesiastico, deve essere degradato e fare penitenza come un laico », (7) «se ha commesso una fornicazione anale, si penta per tre anni; se È un ragazzo, per due anni ». (8) «se ha fornicato con un animale o con un mulo, si penta per dieci anni ». Quando peccare come un Sodomita non significa nient'altro, voi stessi lo raccontate, che commettere fornicazione anale. Che cos'È che i vostri canoni, quasi in una sola riga, escogitano di cosÀ¬ tanto multiforme e vario da imporre, ai peccatori sodomiti, il peso di un decennio e a coloro che commettono fornicazione anale, che È la stessa cosa, limitano invece la penitenza a tre anni? Queste cose non si potrebbero forse paragonare giustamente a dei mostri, non prodotti dalla natura ma dall'industria umana, fra i quali certi iniziano con la testa di cavallo e finiscono con zampe caprine? PerciÒa quali canoni, a quali decreti dei Padri queste cose si beffano di corrispondere e che sono tanto dissonanti e sono echi di un sopracciglio cornuto? Se ciascuna lacera se stessa, con quali autoritÀ  si rafforzano?  «Ogni regno diviso contro se stesso - dice il Salvatore - va in rovina e una casa crolla sull'altra. Se dunque Satana È in lotta contro se stesso, come potrÀ  durare il regno? »[1]
[58][1]. Infatti, sembrano tendere soltanto verso un giudizio di impedimento, crudele, quasi per esibire misericordia. E come nel mostro della Chimera, da un lato la sua parte leonina tuona terribili minacce, dall'altro lato la vile capretta bela umilmente, cosÀ¬ suscitano, per questa varietÀ  di forme, il riso piuttosto che stimolare i lamenti della penitenza.    
Anche le formule che seguono sono sbagliate come queste: (8) «se ha fornicato con un animale o con un mulo, si penta per dieci anni » (9) «un vescovo che pecca con un animale faccia penitenza per dieci anni e abbandoni il grado; un prete per cinque anni, un diacono per tre anni, un chierico per due anni ». Ma se, in modo assoluto, prima dice:  «Se ha fornicato con un animale o con un mulo deve essere punito con una pena di dieci anni », dopo come puÒaggiungere che si deve imporre, per l'accoppiamento bestiale, la penitenza di cinque anni per il prete, di tre per il diacono e di due per il chierico? Se ne ricava quindi, che chiunque, anche un qualsiasi laico È costretto a pentirsi per 10 anni, mentre al prete È imposto un quinquennio di penitenza, cioÈ gli viene detratta metÀ  della pena. Io chiedo: questi frivoli sogni, a quali pagine dei sacri canoni corrispondono, visto che ne sono chiaramente una variante? Chi non giudica, chi non vede chiaramente che queste cose e altre simili, miste ai sacri canoni con l'inganno, sono immagini diaboliche e inventate da macchinazioni astute per aggirare le anime dei semplici? Come, infatti, al miele, o a qualsiasi cibo saporito, viene aggiunto con la truffa, del veleno, perchÈ, mentre la bontÀ  inviti a divorare gli alimenti, il veleno nascosto si riversi facilmente nelle interiora dell'uomo, cosÀ¬ questi commenti subdoli e falsi sono inseriti nei discorsi sacri per eludere il sospetto di falsitÀ . Essi sono spalmati con una specie di miele e sembrano insaporiti della dolcezza della falsa pietÀ . Ma stai in guardia da queste falsitÀ , chiunque tu sia, affinchÈnon ti accarezzi il carme delle sirene[1]
[59][1] con la sua soavitÀ  portatrice di morte, affinchÈla nave della tua mente non sprofondi nella voragine di Scilla[1][60]  
Non ti far spaventare dal mare dei santi concili, presentato forse con troppa austeritÀ , non ti far attrarre dalle sirti[1]
[61][1] guadabili dei canoni apocrifi con la promessa della mitezza dei flutti. Spesso infatti, la nave, cercando di sfuggire ai flutti tempestosi, si È avvicinata alla sabbia della riva ed È naufragata, mentre, solcando la profonditÀ  del mare, ne È uscita incolume senza perdere il carico.
XIII
<Di quelle beffe che, secondo la legge, sono escluse dai canoni perchÈsembrano non avere un autore certoñ[1][62]
Ma, ciononostante, chi ha scritto questi canoni? Chi pensÒdi seminare nel bosco purpureo della chiesa i triboli di marruca, tanto spinosi e tanto aculeati? Certamente, È chiaro che tutti i canoni autentici o sono contenuti nei venerandi concili sinodali, o sono promulgati dai santi pontefici della sede apostolica. A nessun uomo È consentito stabilire da solo i canoni, questo privilegio compete soltanto a colui che viene scelto per presiedere il solio papale. Questi commenti, invece, di cui parliamo noi, sono rampolli illegittimi dei canoni, sono esclusi dai sacri concili e sono del tutto estranei ai decreti dei Padri. Quindi, siccome non sono in alcun modo presenti fra i canoni,[1][63]non sembrano nÈstabiliti dai decretali dei Padri, nÈnascere dai sacri concili. Qualsiasi cosa, infatti, non annoverata fra le diverse specie, È da giudicare senza dubbio estranea. PerciÀ², se si cerca il nome dell'autore, non lo si puÒdire per certo perchÈnon si ritrova sempre nei vari codici. In un posto c'È scritto  «dice Teodoro », in un altro  «dice il Penitenziale Romano », in un altro ancora  «i Canoni degli Apostoli ». Qui sono intitolati in un modo, lÀ¬ in un altro, e siccome non sono degni di avere un solo autore, perdono senza dubbio, ogni autoritÀ [1][64][1]. Infatti, vacillano sotto autoritÀ  tutte incerte e niente suggerisce quale sia la vera autoritÀ . Ed È necessario che quei canoni apocrifi che generano dubbi ai lettori, siano allontanati dalla luce delle Sacre Scritture, le quali sono libere da ogni perplessitÀ . Ora, perciÀ², aggiungiamo a queste stravaganze sceniche, in cui credevano gli uomini dediti alle passioni carnali e che sono eliminate dal numero dei canoni e confutate con argomentazioni trasparenti, quei canoni di cui diffidiamo per fede, per assenza di autoritÀ , insomma per ambiguitÀ . Si attinge proprio dal concilio di Ancira.
XIV
<Di quelli che hanno peccato irrazionalmente, vale a dire che si sono uniti con le bestie e si sono contaminati con i maschiñ
Quelli che sono vissuti o vivono irrazionalmente: quanti prima del ventesimo anno hanno commesso tale peccato, dopo quindici anni di penitenza, meritano di entrare nella comunitÀ  delle preghiere, solo dopo cinque anni di permanenza in questa comunitÀ  ottengono il sacramento della penitenza. Inoltre, durante il tempo della penitenza si dovrÀ  discutere della qualitÀ  della loro vita e cosÀ¬ otterranno misericordia. Se essi continuano insaziabilmente a commettere questi peccati, impiegano un tempo piÙlungo per fare penitenza. Quanti invece sono caduti in questo peccato e hanno superato l'etÀ  dei venti anni e sono sposati, dopo venticinque anni di penitenza, sono accolti nella comunitÀ  delle preghiere e vi rimangono per cinque anni; soltanto allora ricevono l'eucarestia. Infine, se quelli che hanno peccato sono sposati e superano i cinquant'anni di etÀ , ricevono la grazia dell'eucarestia alla fine della loro vita[1][65]
         Come si vede, nel titolo stesso di questa venerabile autoritÀ  leggiamo chiaramente che non solo coloro che hanno fornicato di dietro[1][66][1], ma anche quelli che in qualsiasi modo si sono contaminati con dei maschi sono del tutto confrontabili a quelli che si accoppiano con le bestie. Per questo, infatti, facciamo attenzione alle espressioni interposte e, cautamente, con la bilancia del sommo discernimento indaghiamo le cose che sono state affermate dove si dice:  «Quelli che si sono uniti con le bestie o che si sono contaminati con i maschi ». Se infatti con l'espressione  “che si sono contaminati con i maschi ” avesse voluto significare quelli che fornicano di dietro, non sarebbe stato affatto necessario che usasse due termini, poichÈcon uno solo, vale a dire  “si uniscono ” (miscentur), avrebbe potuto esprimere il suo pensiero. Sarebbe bastato dire, se con una sola parola avesse voluto condensare tutta l'affermazione,  “coloro che si uniscono con le bestie o con i maschi ”.  “Unirsi ” infatti indica allo stesso modo sia chi viola le bestie sia chi viola i maschi. Ma poichÈdice che alcuni si uniscono con le bestie, altri non si uniscono ma si contaminano con i maschi, È evidente, senza dubbio, che alla fine la sentenza si riferisce non a quelli che violano i maschi, ma a quelli che li contaminano. Inoltre, È degno di nota l'editto di questa costituzione, fatto precipuamente per i laici, come si puÒben vedere in ciÒche nelle righe seguenti si aggiunge:  «quanti invece, hanno superato i venti anni e sono sposati, sono caduti in questo peccato, facendo venticinque anni di penitenza, vengono accolti nella comunitÀ  delle preghiere e vi rimangono per cinque anni; allora soltanto ricevono il dono dell'eucarestia ».   
Se perciÀ², un qualunque laico, reo di questo peccato, dopo aver fatto i venticinque anni di penitenza, entra certamente nella comunitÀ  delle preghiere, non viene perÒancora ammesso a ricevere l'eucarestia, per quale ragione, un religioso sarÀ  giudicato idoneo non solo a dare ma anche a ricevere e a consacrarsi ai santi misteri? Se a mala pena, a quello È permesso di entrare a pregare in Chiesa con altri, per quale ragione, si concede a costui di avvicinarsi all'altare e intercedere per altri? Se quello non ha trascorso prima un lungo periodo di penitenza, non merita neanche di ascoltare la messa, per quale ragione costui È degno di celebrare la solennitÀ  della messa? Se quello che ha peccato di meno, quando, ad esempio, percorreva il sentiero secolare, non È degno di ricevere con la bocca il premio dell'Eucarestia, per quale motivo, costui sarÀ  meritevole di toccare il tanto venerabile mistero con le sue mani macchiate? Vediamo che cosa, lo stesso concilio di Ancira, ha stabilito riguardo a questo peccato.
XV
<Di quelli che un tempo si sono contaminati con gli animali o con i maschi, o che tuttora languiscono in questo vizioñ
 «A quelli che vissero irrazionalmente e contaminarono altri con la lebbra dell'ingiusto crimine, il santo sinodo comandÒdi pregare fra quelli che sono invasati da uno spirito immondo »[1][67].
Chiaramente, mentre non dice  «coloro che corruppero altri con la lebbra dell'ingiusto crimine, ma dice  “contaminarono ”, cosa che concorda anche con lo stesso titolo di prima, dove non ha esordito parlando di quelli che si corruppero, ma di quelli che si contaminarono. Àˆ evidente, senza dubbio, che in qualunque modo un uomo si contamini con un altro uomo, gli viene ordinato di pregare non fra i Cattolici Cristiani, ma fra gli indemoniati. Se i sodomiti da soli non sanno pensare che cosa siano, come potrebbero essere istruiti da quelli con i quali devono trascorrere tutto il tempo della preghiera comune?        
Ed È certamente giusto che chi raccomanda, contro la legge della natura e contro la ragione umana, la propria carne ai demoni con dei patti commerciali, ricevano in sorte di dividere con gli indemoniati un comune angolo di preghiera. Infatti, poichÈla natura umana, con tutta se stessa si oppone a questi mali e all'incompatibilitÀ  dei sessi, sussiste chiaramente che in nessun modo possono presumere cose tanto contrarie e tanto lontane se non quegli spiriti iniqui che possiedono completamente quei  «vasi dell'ira approntati per la perdizione »[1]
[68]. Ma quando cominciano a possederli, allora per ogni vaso che riempiono, invasi nel petto, infondono il virus orribile della loro malvagitÀ . CosÀ¬, giÀ  desiderano quelle cose che il moto naturale della carne non abbatte, ma che la sola caduta diabolica fornisce. Infatti, quando un uomo si unisce con un altro uomo per commettere il peccato, non È quello un impeto naturale della carne ma solamente lo stimolo della diabolica istigazione. PerciÀ², i santi Padri sancirono accuratamente che i sodomiti pregassero insieme ai pazzi, perchÈnon dubitavano che fossero invasati del stesso spirito diabolico. Per quale motivo, quindi, grazie alla dignitÀ  dell'ufficio sacerdotale, continua a fare da mediatore fra Dio e il popolo, colui che si È allontanato dalla congregazione di tutto il popolo e che quindi non potrebbe pregare se non fra gli indemoniati? Ma poichÈci siamo curati di fornire due testimonianze tratte da un solo sacro concilio, inseriamo anche ciÒche il grande Basilio pensa di questo vizio di cui stiamo parlando, perchÈ «ogni questione venga decisa sulla parola di due o tre testimoni »[1][69]. Egli dice:
XVI
<Dei chierici o dei monaci che importunano i maschiñ
 «Un chierico o un monaco che molesta gli adolescenti o i giovani, o chi È stato sorpreso a baciare o in un altro turpe atteggiamento, venga sferzato pubblicamente e perda la sua tonsura. Dopo essere stato rasato, venga ricoperto di sputi e stretto con catene di ferro, venga lasciato marcire nell'angustia del carcere per sei mesi. Al vespro, per tre giorni la settimana mangi pane d'orzo. Dopo, per altri sei mesi, sotto la custodia di un padre spirituale, vivendo segregato in un piccolo cortile, venga occupato con lavori manuali e con la preghiera. Sia sottoposto a digiuni e a preghiere, e cammini sempre sotto la custodia di due fratelli spirituali, senza alcuna frase perversa, o venga unito in concilio con i piÙgiovani »[1][70].
         Questo sodomita valuti a fondo se abbia amministrato bene i suoi uffici ecclesiastici, poichÈla sacra autoritÀ  giudica questi oltraggi tanto ignominiosi e tanto turpi. NÈsi lasci tentare affinchÈnon abbia a corrompere nessuno di dietro, nÈad unirsi con nessuno fra le cosce[1][71][1], perchÈ, come vede chiaramente scritto, chi viene sorpreso anche solo a dare un bacio o in un altro turpe atteggiamento, sarÀ  sottoposto, e giustamente, a tutti quei turbamenti provocati dal comportamento vergognoso. Se un bacio viene punito col supplizio di una severa punizione, questa fornicazione femorale[1][72][1] che cosa merita? Infatti, per punire questo crimine, questo delitto grandissimo, non sarebbe sufficiente essere sferzati pubblicamente, perdere la tonsura, essere rapati turpemente, essere imbrattati della sporcizia della saliva, essere chiusi a lungo nelle angustie del carcere e essere stretti da catene di ferro? Infine gli viene ordinato anche di mangiare pane d'orzo, perchÈchi È come il cavallo o il mulo[1][73][1] non si riprende con il cibo degli uomini ma si nutre con il frumento degli animali[1][74]
Se poi ci fossimo dimenticati del peso di questo peccato, lo avremmo ritrovato sottolineato chiaramente nella penitenza che viene imposta. Ciascuno infatti È costretto dalla censura canonica a subire una penitenza pubblica e, senza alcun dubbio, chi non È degno degli uffici ecclesiastici È giudicato, come abbiamo visto, dalla limpida sentenza dei Padri. Per questa ragione, il beato papa Siricio, fra le altre cose, scrisse:  «Sarebbe bene che anche noi usassimo piÙcautela nel concedere a qualunque chierico di fare penitenza, cosÀ¬ come a nessun laico È permesso, dopo la penitenza e la riconciliazione, di entrare nell'ordine ecclesiastico. PerchÈquelli che poco tempo fa erano come vasi approntati per i vizi, per quanto vengano mondati dal contagio di ogni peccato, non devono tuttavia possedere nessun potere per amministrare i sacramenti »[1]
[75][1]. Quindi, S. Basilio ha stabilito che il colpevole di questo peccato non subisse soltanto una severa ma anche pubblica penitenza, e con molta chiarezza Siricio proibisce al penitente di ricevere l'ordinazione clericale. Di conseguenza, chi si È macchiato con un maschio con quella vergognosa libidine, non merita di servire gli uffici ecclesiastici, nÈsono degni di toccare il mistero divino quelli che, come si È detto, sono stati di recente contenitori di vizi.
XVII
<La giusta condanna di questa abominevole infamiañ
Questo vizio certamente non È affatto paragonabile a nessun altro vizio, poichÈsupera in gravitÀ  tutti gli altri vizi. Infatti, questo vizio È la morte dei corpi, la rovina delle anime. Contamina la carne, spegne la luce della mente. Scaccia lo Spirito Santo dal tempio del petto umano, introduce il diavolo istigatore della lussuria, fa sbagliare, sradica la veritÀ  dalla mente che È stata ingannata. Prepara tranelli per chi entra e a chi È caduto nella fossa, la ostruisce perchÈnon esca. Apre l'inferno e chiude la porta del Paradiso. Fa del cittadino della Gerusalemme celeste l'erede della Babilonia infernale. Fa di una stella del cielo la stoppia del fuoco eterno. Lacera il corpo della Chiesa e lo getta nel fuoco della bollente Geenna. Questo vizio cerca di abbattere i muri della patria suprema e si affanna a riparare le mura della rinata Sodoma bruciata. Questo vizio viola la sobrietÀ , soffoca la pudicizia, massacra la castitÀ , trucida con la spada del terribile contagio la verginitÀ  irrecuperabile. Deturpa tutte le cose, macchia tutto, contamina tutto. Nulla di ciÒche lo circonda rimane puro, lontano dalla lordura, pulito.  «Tutto È puro per i puri, per coloro invece che sono contaminati e infedeli, niente È puro »[1][76].
         Questo vizio allontana dalla comunitÀ  ecclesiastica e relega a pregare con i pazzi e con quelli che lavorano per il demonio; separa l'anima da Dio per unirla ai demoni. Questa nocivissima regina dei Sodomiti crea seguaci delle sue leggi tiranniche, luridi per gli uomini e odiosi per Dio. Ordina di intrecciare guerre scellerate contro Dio e al militante di portare il peso di un'anima pessima. Allontana dalla comunione degli angeli e imprigiona l'anima infelice sotto il giogo del proprio dominio grazie al suo potere. Spoglia i suoi militari delle armi virtuose e li espone ai dardi dei vizi perchÈne siano trafitti. Umilia nella chiesa, condanna nella legge. Deturpa in segreto e disonora in pubblico. Rosicchia la coscienza come un verme, brucia la carne come il fuoco. Brama che il desiderio si sazi e, al contrario, teme che non si faccia vedere, che non esca in pubblico, che non si divulghi fra gli uomini. Colui che prova paura al pensiero di essere lui stesso partecipe di questa rovina, non dovrebbe temere questo vizio? Di certo perÒnon si preoccupa se quello con cui pecca diventa il giudice della scelleratezza nella confessione. Infatti, non solo non esita a confessare che ha peccato, ma lo confessa a quello con cui ha peccato: cosÀ¬ succede che, come uno di loro non puÒmorire nel peccato senza che l'altro non stia morendo, cosÀ¬ quello che risorge offre l'occasione all'altro per risorgere. Arde la misera carne per il furore della libidine, trema la mente sciocca a causa del rancore del sospetto, nel petto del misero uomo giÀ  si solleva il caos infernale. Quanti sono quelli punti dagli aculei dei pensieri immondi, altrettanti sono quelli tormentati dai supplizi delle pene. Sono davvero infelici le anime dopo che questo velenosissimo serpente le ha morse. Toglie subito la facoltÀ  di pensare, cancella la memoria, oscura l'acutezza della mente, fa dimenticare Dio e anche se stesso. Questa peste infatti, annulla il sentimento della fede, infiacchisce la forza della speranza, cancella il vincolo della caritÀ , toglie la giustizia, abbatte il coraggio, rimuove la temperanza, smussa l'acume della prudenza.     
Cosa si puÒdire di piÙ? Dal momento che allontana ogni angolo di virtÙdal cuore umano e fa entrare ogni sorta di vizi, come se i catenacci delle porte fossero stati divelti? Sicuramente, la sentenza di Geremia si adatta a quella che, sotto l'aspetto terreno, viene chiamata Gerusalemme:  «l'avversario ha steso la sua mano  — dice  — su tutti i suoi tesori; ha visto entrare i pagani nel suo santuario, coloro ai quali tu avevi ordinato che non entrassero nella tua assemblea »[1]
[77][1]. Senza dubbio, questa bestia atrocissima divora in un solo boccone con le sue fauci cruente, tiene lontano chiunque, con le sue catene, dalle opere buone, fa cadere precipitosamente giÙper i dirupi dell'oscena perversitÀ . Presto, sicuramente, chiunque sia caduto in questo abisso della perdizione estrema sarÀ  mandato via, come un esule, dalla patria suprema. SarÀ  separato dal corpo di Cristo, verrÀ  allontanato dall'autoritÀ  di tutta la Chiesa, sarÀ  condannato dal giudizio di tutti i Santi Padri, sulla terra verrÀ  disprezzato dagli uomini, sarÀ  respinto dall'abitazione dei cittadini celesti. Per lui il cielo diventerÀ  di ferro e la terra di bronzo[1][78][1], nÈda lÀ¬ puÒrisollevarsi, gravato dal peso del delitto, nÈpuÒqui nascondere a lungo i suoi mali nella tana dell'ignoranza. Qui non puÒgodere finchÈvive, nÈlÀ¬ sperare finchÈpecca, perchÈora È costretto a sopportare l'obbrobrio dell'umana derisione e dopo il tormento dell'eterna dannazione. Àˆ evidente che a quest'anima si riferisce quella voce della lamentazione profetica in cui si dice:  «Vedi, Signore, che angoscia È la mia, le mie viscere fremono, il mio cuore È sconvolto in me, perchÈsono stata ribelle: fuori la spada uccide, in casa È come la morte »