CELIBATO SACERDOTALE E SCARSITÀ DI
CLERO
Nel giorno della solennità di San Giovanni Battista
ricorrerà il 30° anniversario della Lettera Enciclica di S.S. Paolo VI sul
celibato sacerdotale, scritta dalla profondità del suo cuore di pastore. Con la
sua caratteristica lucidità, il Santo Padre inizia assumendosi le obiezioni del
momento - che possono essere le stesse di questo tempo - allo strettissimo
legame fra sacerdozio ministeriale e celibato. Quindi, come chi formula una
professione di fede, afferma le ragioni magisteriali e spirituali affinché sia
mantenuta, in Occidente, questa ininterrotta disciplina.
Con gratitudine verso il Magistero di quel Sommo
Pontefice, armonicamente inserito in un flusso magisteriale costante, tratto
con piacere l'argomento a me proposto per questa riflessione: il rapporto fra
celibato ecclesiastico e scarsità di clero in talune zone. (Cf. CS 8 e 47).
1. Il celibato come predilezione
Prima di iniziare la trattazione della materia
proposta, sento la necessità di benedire Dio per il dono inestimabile del
celibato; una dimostrazione tangibile della predilezione di Dio Padre per tutti
coloro che Lui desidera avere più uniti al suo cuore per porre in evidenza,
attraverso le loro vite, l'assoluto dell'amore, la sapienza del Regno dei cieli
ed il desiderio per Dio, che li conduce al sacrificio dei beni più amati
facendo traboccare nel loro cuore la Sua pienezza.
Nella logica del Regno, la predilezione non è stata
mai escludente. Piuttosto questa costituisce sempre il segno di quello che Dio
Padre vuole fare con tutti gli esseri umani e che viene segnalato in taluni dei
suoi figli affinché tutti possano aspirare a questo dono. È il caso del
"figlio amato" in cui Lui ha tutto il suo compiacimento, fonte e
modello della nuova umanità, chiamato al celibato per amore di suo Padre e
dell'umanità, che lui salva con amore sponsale. È il caso della "benedetta
fra tutte le donne", colei che ha trovato "grazia davanti a
Dio", chiamata ad una maternità verginale, e così amare di un amore simile
l'umanità tutta: Maria, Madre di Gesù e Madre della Santa Chiesa di Dio. È il
caso dei grandi profeti come Giovanni Battista e Giovanni Evangelista,
discepolo prediletto. In tutti loro c'è un amore di predilezione. Tutti sono
come una benedizione per il loro popolo: un segno di quello che Dio offre
all'umanità intera.
È quanto accade anche nel celibato, che non comporta
assolutamente nulla contro il Matrimonio. Anzi, si completa in maniera mirabile
con questo Sacramento dell'amore di Cristo e della Chiesa, che mostra una forza
quasi passionale dell'alleanza d'amore del Signore con l'Umanità e dell'amore
del Padre per ciascuno dei suoi figli. Ma, l'amore sponsale è chiamato alla
consacrazione verginale quando verranno i tempi definitivi, dopo la venuta del
Signore. Perciò, giustamente, si parla del celibato come d'un bene
escatologico, che avvicina nel tempo i beni eterni del Regno dei cieli. Chi ha
orecchi per intendere intenda, giacché "i consigli e la prudenza degli
uomini non possono sostare al di sopra della misteriosa sapienza di Colui che
nella storia della salvezza ha sfidato la sapienza ed il potere dell'umanità
con la sua pazzia e debolezza [1 Cor. 1,20-31]" (CS 47).
Dio sia benedetto per i chiamati di ieri, oggi e
domani. Sia benedetto per averci segnati con una amore di predilezione, che
feconda le nostre giornate e ci permette di dare a Lui la nostra intima
capacità di generare affinché sia più feconda nelle sue mani paterne e materne.
2. La mancanza di vocazioni
sacerdotali ministeriali
A parte il fatto che trattasi di fenomeno limitato
nello spazio e nel tempo, il primo assioma sarebbe questo: la scarsità di
vocazioni non dipende dal celibato.
Non pochi associano la mancanza di clero, verificabile
in alcune zone, anche al celibato. Seguendo quest'idea, così parlava il Papa:
«Mantenere il celibato sacerdotale nella Chiesa arrecherebbe un grande danno
alla Chiesa laddove la scarsità numerica di clero provoca delle situazioni
drammatiche, e sono ostacolo alla piena realizzazione del programma divino
della salvezza e anche mettono in pericolo la stessa possibilità del primo
annunzio del Vangelo. Effettivamente, questa scarsità di clero si deve, a
criterio di alcuni, al peso dell'obbligo del celibato» (CS, 8).
Soprattutto in questi tempi, nei quali la cultura
dell'immagine sottomette la gerarchia dei valori a criteri statistici e ad
inchieste d'opinione pubblica, l'obiezione sarebbe: "La Chiesa rimarrà
senza sacerdoti a meno che non cambi la sua disciplina vigente".
Posto che non si tratta soltanto di un fatto
disciplinare - e che sarebbe comunque rispettabile - le statistiche parlano
d'altro: secondo l'Annuario Statistico della Chiesa, il numero di seminaristi
maggiori tra 1979 e 1994 è passato da 62.670 a 103.709.
In riferimento all'anno 1979, l'incremento è stato
anzitutto in Africa, dove si è addirittura duplicato il numero di seminaristi;
fanno seguito l'Asia con il 111 % e il Continente Americano con il 48%.
Sarebbe interessante studiare le statistiche del
numero di persone che ricevono il sacramento del Matrimonio, giacché esse, a
mio parere, ubicherebbero il contesto reale dell'obiezione.
A mio avviso, il problema non si può incasellare nei
termini di equipollenza fra celibato e diminuzione di clero; fra celibato e
incremento di clero. Anzi, bisognerebbe situarsi nel nucleo della questione:
celibato o matrimonio e donazione per sempre.
L'antropologia attuale, abituata a tutto ciò che è
transitorio e fugace, produce anticorpi di fronte alla donazione totale della
vita. Siamo stati abituati a comperare a rate, a prestiti, con le carte di
credito... e perciò sempre è più difficile dare al Signore un "assegno in
bianco", per sempre, nel Matrimonio o nella Consacrazione a Dio.
Nella mia esperienza di pastore fra i giovani e
rettore di Seminario posso dire che attualmente è più costoso ai giovani
"sposarsi in Chiesa" o "fare professione perpetua" di
quanto non lo fosse 25 anni fa. Mi pare che il problema di fondo sia quello di
sapersi assumere un impegno d'amore per sempre, senza limiti.
Il pallone si trova nel campo sbagliato. Non è
questione di statistiche; questione di fede. Sia il celibato, sia il matrimonio
sono doni di Dio e non problemi numerici: «I miei pensieri non sono i vostri
pensieri, né le vostre strade sono le mie» (Is. 55,8).
Con luce diafana l'Enciclica di Paolo VI fa vedere
come Gesù chiamò soltanto un «pugno di uomini, che chiunque avrebbe giudicato
insufficienti per numero e qualità, [con] la grande missione di evangelizzare
il mondo», Mette in risalto che «questo piccolo gregge non si doveva
scoraggiare perché con Lui e per Lui... dovevano arrivare a conseguire la
vittoria sul mondo» (CS 47).
L'argomento continua ad essere vero. Non sono tanti i
chiamati, né i più qualificati nel mondo d'oggi. Però nella forma silenziosa di
crescita adoperata dal Regno, senza che l'uomo se n'accorga, (Cf. Mc 4, 26-29),
la vigna del Signore non dipende dalla quantità di ministri ordinati bensì
della fecondità dello Spirito che moltiplica pani e pesci partendo dall'umile e
insufficiente offerta.
Inoltre, fioriscono oggi nella Chiesa nuove realtà -
movimenti, associazioni, istituti secolari - nei quali tanti giovani - uomini e
donne - s'impegnano temporaneamente o per tutta la vita, con i voti privati di
virginità o con la promessa del celibato. È un segno della ricerca spirituale
quando questa tocca la profondità del cuore umano, anela ardentemente alla
totalità della donazione di cui il celibato consacrato è mirabile segno.
3. Alcuni vuoti
Cosa potrebbe forse nel sacerdozio ministeriale, soprattutto
nella forma di vita secolare, rendere il celibato più amabile?
A nostro umile avviso, una testimonianza gioiosa del
celibato consacrato è una forma di vivere il ministero in cui il peso non gravi
esclusivamente sul sacerdote. È arrivato il momento di animare la Chiesa nella
varietà dei suoi carismi e ministeri, e lasciare al sacerdote quello che gli è
proprio, nel rispetto dell'integralità del suo ministero pastorale.
Attualmente, come eredità di un passato non molto lontano, il sacerdote spesso
sembra cumulare nella sua persona tutto ciò che la Chiesa potrebbe anche
suddividere senza diminuire quello che è essenziale - e provvidenziale - al
sacerdozio ministeriale. È il rinnovamento di colui che è stato chiamato da Dio
come Mosè a condividere il suo spirito e il suo ministero con gli altri 72
uomini. Deve essere chiara però, anzi ne è il presupposto, l'identità del
sacerdote, la specificità della sua vita e il proprio del suo sacro ministero.
Scarseggia anche una modalità più comunitaria nel vivere
il sacerdozio ministeriale, di cui abbiamo valide testimonianze nella storia e
che partono dell'era patristica. Si possono chiamare decani, moderatori
parrocchiali o altrimenti: anche i sacerdoti sono stati chiamati a vivere e a
servire almeno a due a due, come dice Gesù circa la missione. Di fatto, Lui
nominò dodici che chiamò (kai epoíesen dódeka) e non eremiti (Cf. Me. 3,14).
È pure carente una formazione umana molto più
integrale nei nostri Seminari, che sia di aiuto ai giovani per assumere, non
solo con entusiasmo ma anche con sapienza questo dono che non sradica la natura
di ciascuno. Di fatto, nelle nostre case di formazione talvolta non si
affrontano con chiarezza le implicazioni della chiamata al celibato. Ed è anche
un fatto che nella grande maggioranza delle nostre diocesi, ci preoccupiamo
della formazione permanente intellettuale, pastorale e spirituale, ma non
abbordiamo le diverse tappe dell'affettività della persona consacrata, secondo
le diverse età e situazioni. In questa maniera, il modo di vivere il celibato
finisce per essere gestito come dono privato e individuale, mentre si tratta di
un preziosissimo ed irrinunciabile carisma della Chiesa, custodito e sviluppato
da Essa per noi.
Il pastore, in senso proprio, è soltanto il ministro
ordinato.
Non possiamo chiudere gli occhi. Fra tante cose
positive del nostro tempo, esiste purtroppo una mancanza affettiva famigliare
che condiziona l'opzione celibataria di tanti giovani. L'allontanarsi del padre
- e anche della madre - dal focolare, la difficoltà e la paura per impegni
stabili e per tutta la vita, la facilità con cui l'ambiente attuale favorisce
le relazioni sessuali precoci, il rilassamento dei costumi e la mancanza di
sobrietà, che promuove la società consumistica, la relativizzazione di certi
valori e il non pensare che Dio occupa il primo posto e ha diritto a chiedere
tutto... Tutto ciò condiziona l'opzione celibataria.
Ma, nello stesso tempo, bisogna dire che la riscoperta
della dignità personale, del senso della bellezza, dell'amore e della purezza,
del desiderio di vivere in comunità di vita evangelica; inoltre, il desiderio
di testimoniare che il mondo è stato chiamato ad una qualità di vita che non
offre la società, la necessità di modelli alternativi, e certamente, le
ricerche spirituali nella Chiesa, nella cristianità costituiscono la risorsa
che permette la formazione di spiriti forti, che ringraziano il dono della
verginità e del celibato consacrato. Da questo, la rinascita di vocazioni in
India, negli altri paesi dell'Asia e, ringraziando Dio, in alcuni paesi
dell'America Centrale, del Sud America e dei Caraibi ed ovunque si abbia il
coraggio di proporre l'autentico modello sacerdotale, senza compromessi..
E come sempre, i testimoni... È giusto ringraziare
Iddio per i modelli viventi che entusiasmano tanti giovani di ogni razza,
lingua e colore. Fra questi modelli si deve sottolineare la forte e gioiosa
testimonianza di Papa Giovanni Paolo II, la generosità senza frontiere di Madre
Teresa di Calcutta, i beati, i santi e le sante, con cui il Papa ci mostra la
perenne attualità del Vangelo, laici fondatori di nuove realtà ecclesiali che,
con la loro fedeltà al Magistero, il senso sereno e motivato della disciplina
ecclesiastica, la gagliarda energia missionaria, sono forze di propulsione per
le vocazioni.
Tutto ciò costituisce una nuova ragione per benedire
il Signore che mai abbandona il suo popolo e in ogni epoca suscita suoi
testimoni per indicare la perenne attualità dei suoi doni.
Dunque il celibato non è un deterrente per la crescita
delle vocazioni, anzi è un fattore calamita. I giovani hanno bisogno di esempi
forti e si allontanano, invece, dalle varie mediazioni e dagli accomodamenti.
Qualsiasi soluzione, in funzione della crescita delle ordinazioni, che non
fosse cercata nella preghiera di tutto il popolo di Dio, nella penitenza,
nell'esempio di coerenza e generosità degli ordinati, in qualsiasi grado, nella
purezza del culto divino, nell'ardore della più autentica carità, nella vitale
fedeltà al "depositum fidei", avrebbe l'effetto contrario. Ogni
soluzione, infatti, va sempre individuata secondo lo spirito evangelico, non
secondo lo spirito del mondo, poiché la Chiesa è del Signore!
4. Invocazione finale
Arrivando alla fine di queste semplici riflessioni, mi
ritrovo nell'invocazione finale di S.S. Paolo VI. Lui ci invita a porre la
nostra fiducia e rinnovata speranza - lo sguardo e il cuore - "nella
dolcissima Madre di Gesù e Madre della Chiesa affinché volga lo sguardo materno
e la sua potente intercessione sul sacerdozio cattolico"... "Che
ottenga alla Chiesa, che salutiamo come vergine e madre, la continua gioia per
la fedeltà dei suoi sacerdoti al dono sublime della sacra verginità" (CS
n. 98). Associamo spontaneamente a questa invocazione la figura di San
Giuseppe, uomo giusto e buono, a cui Dio cambiò il suo programma umano
concedendogli la paternità adottiva di suo Figlio, invitandolo ad una vita
verginale accanto a Maria. La sua disponibilità ci sprona e, allo stesso tempo,
ci edifica. La sua silenziosa intercessione ci aiuta a contemplare l'immagine
attraente di questo uomo giusto e saggio, patriarca e modello dell'amata
Chiesa.
† Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga
Arcivescovo di Tegucigalpa
Presidente del Celam