Quanto le è pesato il celibato?
Il
celibato per me è stata una conquista. A diciassette, diciotto anni ero
incerto se formarmi una famiglia. Sentivo una forte attitudine, anche
affettiva, in questo senso. Avrei voluto una moglie con dei figli. Però
poi in un approfondimento di fede e in un esame profondo su me stesso,
ho capito che il Signore mi chiamava a un orizzonte più alto. Non a
rinunciare all’amore, perché non ci avrei rinunciato per niente al
mondo, ma ad amare le persone che mi passavano e mi passano accanto. Da
giovane sarei voluto andare in missione, anche se poi non è stato
possibile perché il vescovo mi diceva sempre “La tua missione è qui” (lo
dice imitando lo sguardo severo e la voce del vescovo…). Dal momento
che ho accettato di fare il prete ho accettato tutto della Chiesa:
l’ubbidienza, il celibato e anche la povertà, perché dover fare la
volontà degli altri è forse la forma di povertà più grande.
- A proposito di celibati: ultimamente c’è chi spinge per un superamento del celibato dei preti…
Può
anche darsi che si arrivi a forme diverse del ministero sacerdotale,
però secondo me ci si deve muovere con molta prudenza… In fondo anche la
tradizione celibataria è abbastanza assodata ed ha portato certamente
tanti frutti positivi. Questo soprattutto nel senso di potersi dedicare
completamente al mondo…
- Però è vero che in giro per il mondo ci sono preti cristiani e sposati, e non è che questo paia limitarne la vocazione…
Però vorrei sottolineare che nella mia vita il valore del celibato è stato fecondo.
Tratto da "arezzo notizie"